La Polonia e la Bielorussia sono separate da un muro, una barriera costituita da 186 chilometri di grate d’acciaio, costruita tra il 2021 e il 2022 dal governo polacco presieduto dal primo ministro di estrema destra Mateusz Morawiecki. La frontiera tra i due paesi è divenuta teatro di una delle tragedie umanitarie più silenzione e drammatiche dei nostri tempi: migliaia di profughi siriani e mediorientali hanno iniziato a volare a Minsk, approfittando di una serie di agevolazioni messe in campo dal governo bielorusso, per poi provare a passare in Polonia per entrare nella UE. Prawo i Sprawiedliwość (PiS), il partito di Morawiecki – letteralmente Diritto e Giustizia – che aveva vinto le elezioni agitando lo spauracchio dell’invasione dei migranti e del pericolo terroristico, non mancò di sbandierare la stessa retorica durante la crisi iniziata nell’estate del 2021. A distanza di quasi due anni la frontiera rimane un punto caldo, con migranti e profughi che provano ad attraversarla nonostante la barriera. Ad essere cambiato è il contesto: dopo l’inizio della guerra in Ucraina la popolazione polacca ha avuto modo di relazionarsi con l’ondata di profughi provenienti dal paese confinante, dando prova di solidarietà e progressivamente minando la presa della retorica promossa dal partito di governo.
A cura di Sabato Angieri
Regia di Ciro Colonna