In Francia, lunedì 4 marzo il Parlamento ha deciso: l’aborto è ora un diritto sancito dalla Costituzione. Standing ovation in aula dopo lo spoglio dei voti: 780 voti a favore, 72 contrari. Gli unici a votare contro sono stati gli esponenti del partito di estrema destra Reconquete.
Si tratta di una decisione storica che non ha precedenti: la Francia è il primo Paese al mondo ad inserire il diritto all’aborto nella propria carta costuzionale.
Diritto che viene espresso così: “la liberté garantie de la femme de recourir au droit à l’interruption volontaire de grossesse”. La “libertà garantita della donna a ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza”.
L’inscription de l’IVG dans la Constitution, un message envoyé à « toutes les femmes du monde » https://t.co/vVp4DFkLWC
— Le Monde (@lemondefr) March 5, 2024
Sul monumento simbolo di Parigi e della Francia, la Tour Eiffel, è stata proiettata una scritta dal messaggio chiaro: “Mon corps, mon choix” (“Mio il corpo, mia la scelta”).
In Francia, il diritto di abortire era già garantito dalla Legge Simone Veil del 1975, ma il fatto di inserire tale diritto nella costituzione è un passo successivo verso la piena legittimazione.
A traghettare la nazione francese verso questo storico pronunciamento è stata una donna: la Presidente dell’Assemblea nazionale Yaël Braun-Pivet, prima donna a guidare una riunione congiunta con il Senato.
La Francia ci aveva già provato in passato, quando aveva provato a introdurre il diritto all’aborto nella Costituzione durante la legislatura precedente (la quindicesima, ndr) legislatura, attraverso una proposta di emendamento di luglio 2018, che fu bocciata dalla maggioranza del Parlamento.
Il presidente francese Emmanuel Macron aveva promesso di inserire l’aborto tra i diritti costituzionali lo scorso 29 ottobre. A Bruxelles aveva annunciato: “Nel 2024, la libertà delle donne di abortire sarà irreversibile”.
Perché questa rivoluzione è partita dalla Francia?
In Francia, il 2022 è stato un annus horribilis in materia di aborti: 234.000 interruzioni di gravidanza, con un incremento di 17.000 rispetto all’anno precedente. Il “livello più alto mai registrato dal 1990”.
Un’ulteriore spinta è arrivata dagli Stati Uniti con l’abrogazione di una sentenza che garantiva il diritto a ricorrere all’IVG su tutto il territorio statunitense: la sentenza Roe vs Wade. In seguito, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha consentito agli Stati di legiferare in modo indipendente sull’aborto.
L’opinione pubblica, per la maggioranza, sembra essere d’accordo con la riforma costituzionale. Stando a quanto rilevato in un sondaggio della Fondazione Jean Jaurès, l’83% dei francesi giudicava positivamente una legge in merito.
Un caso unico al mondo
Peccato che questo diritto sia una merce rara, negli altri Paesi del mondo. L’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) è possibile secondo criteri più o meno stringenti nella maggior parte dei casi: su semplice richiesta, per ragioni mediche, per problemi socio-economici, in caso di pericolo di vita per la gestante.
Sono 77 i Paesi in cui per interrompere una gravidanza basta presentare una formale richiesta: tra questi, anche l’Italia. In questi Paesi vivono 662 milioni di donne fertili. Qui è possibile abortire, a seconda dei Paesi, quando si è dalla quinta alla ventiquattresima settimana di gestazione. attualmente settantasette Stati consentono l’aborto senza restrizioni diverse dalla durata della gravidanza (l’atto è possibile per una gestazione da cinque a ventiquattro settimane, a seconda dei Paesi).
In Italia, la legge del 22 maggio 1978 n. 194 depenalizza l’IVG entro i primi 90 giorni di gravidanza e allo stesso tempo garantisce il diritto all’obiezione di coscienza per il personale ospedaliero.
Nella maggior parte dei casi il ricorso all’aborto è fortemente osteggiato e condizionato.
In 4 Paesi, addirittura, si è tornati indietro revisionando le leggi vigenti in materia di aborto: è accaduto in Polonia, El Salvador, Nicaragua e Stati Uniti.
In ben 22 Paesi l’aborto è illegale, quindi impraticabile: Andorra, Aruba, Congo (Brazzaville), Curaçao, Repubblica Domenicana, Egitto, El Salvador, Haiti, Honduras, Iraq, Jamaica, Laos, Madagascar, Malta, Mauritania, Nicaragua, Filippine, Palau, Senegal, Sierra Leone, Suriname, Tonga. Cui si aggiunge la Striscia di Gaza, dove al contrario la spinta è a mettere al mondo quanti più figli possibili.
Vale la pena di notare che gli unici Paesi europei che non consentono l’aborto su richiesta sono Malta e Polonia.
Gli Stati Uniti: un discorso a sé stante
Un capitolo a parte è rappresentato dagli Stati Uniti, dove oggi si legifera in modo indipendente sul tema in ciascun Stato: l’attuale situazione è diretta conseguenza dell’abrogazione della sentenza Roe vs Wade.
Oggi in 10 Stati USA su 50 la pratica è fuorilegge.
In compenso, è recente la notizia che le catene di farmacie CVS e Walgreens potranno vendere un farmaco abortivo a base di mifepristone, sostanza approvata dalla Food and Drug Administration per l’utilizzo fino alla decima settimana di gravidanza. La vendita inizierà in Massachusetts e Rhode Island “nelle prossime settimane” e il farmaco sarà disponibile “dove consentito dalla legge, su base continuativa”.
Tuttavia, la situazione negli USA è molto complessa, soprattutto alla luce della probabile salita al potere di Donald Trump in occasione delle elezioni presidenziali del prossimo novembre.
L’associazione Rights Organization Reproductive Freedom ha dichiarato che il candidato in corsa dei repubblicani è “la più grande minaccia alla libertà riproduttiva nella nostra democrazia e nel nostro Paese”.
Una possibilità per il 60% delle donne, ma praticato da tutte nelle stesse proporzioni
Stando alle stime del Center of Reproductive Rights (CRR), il 40% delle donne (753 milioni di individui) risiede in un Paese che retringe o vieta il diritto di aborto. Mentre il restante 60%, costituito da 1,12 miliardi di donne in età fertile, ha la possibilità di accedere all’IVG.
Il ricorso all’aborto è equivalente in tutti i Paesi, sia che lo consentano sia che lo vietino: in caso di pratica legale vi ricorrono 37 donne su 1.000, in caso di divieto lo praticano clandestinamente 34 su 1.000.
Ciò che fa davvero la differenza è la piaga degli aborti clandestini: la terza causa di mortalità materna nel mondo.
L’aborto come diritto costituzionale: la reazione dei vescovi francesi e del Vaticano
Di fronte a una simile novità, le istituzioni cattoliche non potevano restare in silenzio.
Lunedì 4 marzo, giorno nel quale è stato iscritto nella Costituzione il diritto ad abortire volontariamente, i vescovi di Francia hanno lanciato un appello al ”digiuno e alla preghiera”.
Il presidente della Conferenza episcopale di Francia, Eric de Moulins-Beaufort, ha espresso preoccupazione per un fenomeno che a suo dire è in crescita: “Di tutti i Paesi europei, la Francia è l’unico dove il numero di aborti non cala ed è anche cresciuto negli ultimi due anni”.
Forte e chiaro il messaggio dei vescovi: ‘Come cattolici dovremo sempre restare dei servitori della vita di tutti, del concepimento fino alla morte”.
Anche lo stesso Vaticano ha fatto la sua parte. Attraverso una nota diramata dalla Pontificia Accademia per la Vita ha dichiarato che “proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un diritto a sopprimere una vita umana“.
La Pontificia Accademia per la Vita si è appellata “a tutti i governi e a tutte le tradizioni religiose, a dare il meglio affinché in questa fase della Storia, la tutela della vita diventi una priorità assoluta, con passi concreti a favore della pace e della giustizia sociale, con misure effettive per un universale accesso alle risorse, all’educazione, alla salute.
Le particolari situazioni di vita e i contesti difficili e drammatici del nostro tempo, vanno affrontati con gli strumenti di una civiltà giuridica che guarda prima di tutto alla tutela dei più deboli e vulnerabili”.
Questo perché “la tutela della vita umana è il primo obiettivo dell’umanità e può svilupparsi soltanto in un mondo privo di conflitti e lacerazioni, con una scienza, una tecnologia, un’industria a servizio della persona umana e della fraternità”.