Il 21 maggio a Roma, presso la sede della Federazione nazionale stampa italiana in via delle Botteghe Oscure 54 verrà presentato alle ore 10 “#ComeTiSenti: giornalisti mai più senza rete”. L’iniziativa, organizzata dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Casagit e Fnsi alla luce dei risultati di “Come ti senti?”, inchiesta uscita nel dicembre 2023 su IrpiMedia, nasce per supportare i giornalisti nell’affrontare situazioni di stress o disagio psicologico. Alice Facchini, che ha curato l’indagine, ha raccontato all’Atlante di cosa si tratta.
Come è stata la reazione alla vostra inchiesta?
Importante. I giornalisti si sono dimostrati molto interessati agli eventi di presentazione, manifestando coinvolgimento e facendo domande. Le testate, invece, hanno reagito con più freddezza: aderire avrebbe significato apportare dei cambiamenti che, probabilmente, le redazioni non sono ancora pronte a fare. Tuttavia abbiamo ricevuto l’attenzione dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, di Casagit (la Cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti) e del sindacato Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana). Hanno così deciso di finanziare un secondo progetto che, a partire dai dati raccolti, fornisse degli strumenti per supportare la salute mentale dei giornalisti. #ComeTiSenti: giornalisti mai più senza rete è il nome del progetto che verrà presentato il 21 maggio a Roma nella sede della Fnsi. Una grande conquista.
Di cosa si tratta?
L’iniziativa, in cui è coinvolta anche IrpiMedia che ha pubblicato l’indagine, prevede diverse azioni. La prima è la presentazione, il 21 maggio a Roma nella sede dell’Fnsi di via delle Botteghe Oscure a Roma, della piattaforma cometisenti.info, un sito sul quale verranno messi a disposizione i materiali per aiutare i giornalisti ad aumentare la consapevolezza sul proprio benessere psicologico ed eventualmente trovare degli strumenti di supporto. Soprattutto, la piattaforma servirà per inviare segnalazioni e storie. Per esempio, se una persona ha delle difficoltà, vive una fase critica e vuole condividere la propria storia può mandare una segnalazione anonima attraverso l’apposito form. Potremo così continuare a monitorare la situazione dopo la chiusura del sondaggio a ottobre 2023. In autunno uscirà poi un libro che metterà insieme i risultati dell’inchiesta e offrirà nuovi spunti e riflessioni. Infine, organizzeremo degli eventi sui territori per diffondere il progetto e discutere con le persone dal vivo.
Secondo la classifica della libertà di stampa di Reporter senza frontiere del 2024 l’Italia si colloca al 46° posto, retrocedendo di cinque posizioni rispetto all’anno scorso. Secondo te questa rilevazione ha a che fare anche con l’oggetto della vostra inchiesta?
La classifica ha a che fare con la censura, quindi gli indicatori presi in esame sono attinenti alla possibilità dei giornalisti di esprimersi. Sentirsi censurati e autocensurarsi per paura di perdere il posto di lavoro ha un impatto sulla salute mentale. La correlazione c’è. In Italia finire in una situazione molto precaria ha delle conseguenze sulla salute mentale. Il fatto che la libertà di stampa sia minacciata da un mercato del lavoro estremamente precario ha un effetto sul benessere psicologico dei professionisti dell’informazione.
A tuo avviso le proteste dei giornalisti in Rai e il caso Agi stanno sensibilizzando il pubblico anche sulle condizioni di lavoro dei giornalisti?
Il caso Agi e lo sciopero in Rai indetto da Usigrai hanno acceso un riflettore sul settore. Tuttavia, non si è parlato di salute mentale. All’interno del dibattito pubblico troviamo soprattutto temi legati alla possibilità di dire la propria opinione, all’indipendenza dei media, alla precarietà del lavoro, alle false partite IVA. La salute mentale è un tema che non è ancora emerso, neanche in questo momento, è ancora fanalino di coda. Occorre continuare a lavorare tanto e insistere perché la salute mentale ha un impatto sulla qualità dell’informazione che viene prodotta e su quanto i lettori possano essere informati bene.
Sta emergendo la possibilità di fare giornalismo in un altro modo, che tenga conto della salute mentale dei professionisti?
C’è una nuova generazione di giornalisti tra i venti e i quarant’anni che fa giornalismo in modo diverso e che si approccia alla professione in maniera meno competitiva e più collaborativa. È il caso del Fada Collective, de Lo spioncino dei freelance, di Giornalist* Italiani e del Centro di giornalismo permanente, che sta per lanciare un lavoro proprio sui freelance. Ci sono diversi gruppi che lavorano in questo senso, non ultimo IrpiMedia, che dà supporto ai giovani che vogliono fare inchiesta e che non hanno dei gruppi o delle redazioni che li sostengano.
Serena Ganzarolli