Crisi verde: l’accordo di pace che ha trasformato l’Amazzonia colombiana

Crisi verde: l’accordo di pace che ha trasformato l’Amazzonia colombiana

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Il vuoto di potere lasciato dalle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) ha innescato una crisi ambientale nell’Amazzonia colombiana. Nel corso dei sette anni successivi alla firma dell’accordo, agricoltori, minatori, taglialegna hanno accelerato la deforestazione con il permesso dell’Estado Mayor Central (EMC), un gruppo di ribelli dissidenti delle FARC che ora tiene in ostaggio la foresta.

Negli ultimi anni, specialmente sotto l’amministrazione Bolsonaro, si è assistito a una considerevole attenzione internazionale sul triste primato del Brasile riguardo alla gestione e alla protezione dell’Amazzonia. Tuttavia, nella vicina e meno considerata Colombia, alcune parti dell’Amazzonia si stanno trasformando in un paesaggio frammentato, dove la foresta estesa ormai a macchia di leopardo si intervalla a estesi terreni destinati all’allevamento di bestiame. A differenza del Brasile, la situazione colombiana non è il risultato di un consenso tacito da parte delle autorità, ma piuttosto il risultato involontario dell’accordo di pace stipulato dal governo colombiano con le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC), che ha accelerato la deforestazione. Abbandonando le armi, le FARC hanno involontariamente aperto la regione agli accaparratori di terre e agli allevatori di bestiame, che stanno abbattendo la foresta a un ritmo senza precedenti.

Questa battuta d’arresto è un duro colpo per Gustavo Petro che aveva basato la sua campagna su un ambizioso programma di conservazione e lotta al cambiamento climatico in uno dei Paesi con la più elevata biodiversità al mondo. La salvaguardia della foresta rappresentava un obiettivo fondamentale nei negoziati di pace con diversi gruppi armati nell’ambito della ricerca di Petro di una “Paz Total” dopo decenni di conflitti nel paese sudamericano. Come riportato recentemente da Susana Muhamad, ministra dell’Ambiente del Paese, la deforestazione nell’Amazzonia colombiana nei mesi finali del 2023 è stata superiore del 41% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 18.400 ettari, un dato che ribalta i notevoli risultati ottenuti nei mesi precedenti. Questa tendenza preoccupante è continuata anche nel corso del 2024, con una perdita di foreste del 40% nei primi tre mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo nel 2023.

Esperti locali sostengono che la principale causa sia il vuoto di potere lasciato proprio dalla smobilitazione delle FARC. In passato, i guerriglieri controllavano vaste aree della foresta, ma ora vi sono numerosi gruppi in competizione. Tra questi ci sono ex membri delle FARC che hanno rifiutato di consegnare le armi, mentre altri sono gruppi paramilitari che, una volta impegnati nella protezione dei proprietari terrieri contro la guerriglia, si dedicano ora al traffico di droga.

Innanzitutto definire il problema

Dopo la firma dell’accordo di pace del 2016 con le FARC, la deforestazione in Colombia ha registrato un notevole aumento, passando da 49.600 ettari di foresta primaria persa nel 2015 a 128.000 ettari nel 2022. Anche se è spesso vista come un processo biofisico, ovvero limitato all’abbattimento degli alberi, la deforestazione rappresenta allo stesso modo un processo socio-ambientale. Le comunità locali vivono all’interno e nei dintorni delle foreste, e queste ultime sono profondamente legate ai mezzi di sussistenza, alle identità e alle culture delle persone, nonché coinvolte nella politica locale. Ad esempio, prima dell’accordo di pace, la deforestazione era significativamente inferiore poiché le FARC punivano severamente le comunità agricole locali per le violazioni delle loro regole. L’impegno delle FARC nella salvaguardia dell’Amazzonia, infatti, non era semplicemente guidata da un desiderio altruistico di preservare l’ecosistema: la densa vegetazione della giungla offriva un’ottima copertura ai loro movimenti rispetto all’esercito, e la ricchezza della foresta costituiva una riserva alimentare strategica.

Il loro ruolo nella protezione della foresta è diventato chiaro dopo il 2016. Lo scioglimento delle FARC creò un vuoto di potere locale, causando un aumento significativo dei tassi di deforestazione poiché allevatori di bestiame, minatori illegali e gruppi dissidenti intensificarono la deforestazione. Tuttavia, questo vuoto di potere non è stato colmato da Bogotà. Il governo, infatti, non è riuscito a esercitare lo stesso grado di autorità nella regione amazzonica come facevano le FARC e la sua risposta alla deforestazione è stata quella di dispiegare battaglioni altamente militarizzati nei parchi nazionali per impedire l’abbattimento degli alberi, come la fallimentare “Operación Artemisa”, lanciata nel 2019. I critici hanno sostenuto che le campagne militari come questa prendono di mira gli anelli più deboli della catena: i contadini poveri delle zone rurali che cercano di guadagnarsi da vivere nella foresta mentre sono intrappolati tra gruppi ribelli violenti e grandi accaparratori di terre e imprese agricole.

Dopo gli accordi di Pace

Bogotà non è stata in grado di rimpiazzare il governo delle FARC come inizialmente promesso, ciò ha lasciato spazio a qualcosa di più vicino all’anarchia. Dopo il disarmo delle FARC, l’Estado Mayor Central (EMC), un gruppo di ribelli dissidenti delle FARC guidato da Ivan Mordisco, ex comandante delle FARC, ha consolidato il proprio potere in gran parte della foresta, vietando inizialmente anche il disboscamento per ottenere un posto al tavolo delle trattative con il governo di Petro. Controllando la possibilità di disboscamento nelle aree sotto il loro controllo, l’EMC ha influenzato il ritmo della deforestazione come strumento di pressione nei colloqui di pace e come leva per ottenere trattamenti più favorevoli dal governo.

Il governo Petro appena instaurato ha cercato di invertire la tendenza della deforestazione negoziando con i ribelli armati – strategia che rientra nella politica di “Paz Total” voluta da Petro – che hanno riempito il vuoto di potere delle FARC.  Tuttavia, quando i colloqui di pace hanno incontrato ostacoli, l’EMC ha iniziato a “cambiare le regole”. Invece di preservare l’Amazzonia, il gruppo di dissidenti, per dimostrare al governo il proprio controllo sulla regione, ha permesso a varie organizzazioni di distruggere la foresta. Le zone più critiche sono i dipartimenti di Meta, Caquetá e Guaviare, noti come l’arco della deforestazione amazzonica, dove si concentrano le roccaforti dell’EMC e i principali teatri di guerra nella battaglia della Colombia per la salvaguardia della foresta pluviale.

Inoltre, l’EMC sta esercitando un “gioco psicologico” sulle comunità locali per controllarle. In alcune parti dell’Amazzonia, gli attivisti ambientali hanno cominciato a ricevere minacce di morte tramite volantini che sembravano essere stati diffusi dai dissidenti delle FARC. Uno di questi volantini affermava che gli attivisti ambientali della zona sarebbero stati considerati in futuro “obiettivi militari”. Un altro volantino lanciava la stessa minaccia contro i dipendenti del servizio dei parchi nazionali della Colombia.

Tutto ciò è ulteriormente complicato dall’ultima crisi nei negoziati con i dissidenti guidati da Mordisco. Il capo negoziatore del governo colombiano al tavolo di dialogo con l’EMC ha dichiarato il 16 aprile che non intende più trattare con Mordisco, ma ha confermato che il processo di negoziato continua con i gruppi operanti nella regione di Catatumbo e Magdalena Medio, così come con quello noto come Bloque Jorge Suárez Briceño, che opera a Meta, Caquetá e Putumayo.

“Paz Total”: sfide e complessità di un accordo decisivo

I fenomeni strettamente correlati dell’accaparramento di terre e dell’allevamento di bestiame rappresentano i principali rischi per l’Amazzonia colombiana, a cui contribuisce anche la produzione di cocaina. Un rapporto delle Nazioni Unite del 2023 ha coniato il termine “narco-deforestazione” per descrivere questa sinergia tra traffico di droga e degrado ambientale. Forse da nessuna parte questo fenomeno è più evidente che in Colombia, un paese che è allo stesso tempo teatro della decennale guerra globale alla droga e uno degli angoli più ricchi di biodiversità del pianeta, dove le Ande incontrano la vasta foresta amazzonica.

Un punto importante da sottolineare è la complessità della situazione e la difficoltà di trovare soluzioni rapide ed efficaci. La deforestazione in Amazzonia è il risultato di una combinazione di fattori storici, politici, economici e sociali che si sono intrecciati in modo complesso. Il vuoto di potere lasciato dalle FARC ha aperto la strada a nuovi gruppi armati e interessi predatori. Questi rappresentano una variegata gamma di gruppi difficili da categorizzare. Tra di essi, le fazioni di di Mordisco e la Segunda Marquetalia di Ivan Márquez – quest’ultima ridotta drasticamente – emergono come le più significative, fungendo quasi come una sorta di grandi ombrelli. Entrambe sono state precedentemente designate dagli Stati Uniti come organizzazioni terroristiche durante il periodo in cui le FARC furono cancellate da quella lista nera. Entrambe furono anche impegnate in una guerra all’ultimo sangue, con la perdita di diversi leader incluso Gentil Duarte, che era stato il volto più visibile dell’EMC. Da allora, Mordisco ha consolidato il controllo all’interno dell’organizzazione. Ma il problema affonda le sue radici anche in profonde diseguaglianze e mancanza di opportunità per le comunità locali che vivono nella foresta.

L’inserimento dei dissidenti nella “Paz Total”  è stata fin dal primo momento una delle maggiori sfide della politica di punta del governo Petro ma gli sforzi per negoziare con loro rappresentano una sfida enorme e cruciale e il successo o il fallimento di questi negoziati avrà un impatto decisivo sulla capacità del Paese di arrestare la deforestazione e avviare un percorso di sviluppo sostenibile per l’Amazzonia colombiana.

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