L’intelligenza artificiale è un agente inquinante sottile, ma letale, di cui solo oggi ci si comincia ad accorgere.
Che cos’è l’intelligenza artificiale?
Con “intelligenza artificiale” si intende una serie di sistemi tecnologici volti a simulare il pensiero e la creatività umana, tramite una serie di scelte algoritmiche. Tramite questo tipo di tecnologia, un dispositivo informatico ha la possibilità non solo di realizzare compiti matematici, come calcoli e catalogazioni, ma anche di imitare un cervello umano. L’uso più frequente dell’intelligenza artificiale, al momento, si manifesta nella realizzazione di finte conversazioni, opere visive e auditive e persino brevi clip video e animate.
L’idea di una “intelligenza artificiale”, capace di creare e costruire senza intervento umano, è presente nell’immaginario umano già dal ventesimo secolo. Con la diffusione della fantascienza nella cultura pop, scrittori e drammaturghi cominciarono a concepire un “cervello” artificiale, strutturato in forme ormai riconoscibili come androidi e supercomputer.
Il primo software moderno assimilabile all’intelligenza artificiale compare invece nel 1950, quando Alan Turing pubblica «Computing Machinery and Intelligence». Il documento costituisce la base del Test di Turing, conosciuto poi con il nome di «Gioco dell’Imitazione» – un principio per cui, anziché determinare se una macchina può vincere un gioco, ci si dovrebbe chiedere se essa è in grado di “vincere a un gioco”, solitamente una partita a scacchi, come potrebbe fare una persona.
È così, nelle sue parole, che si può percepire se una macchina è o meno in grado di pensare.
Due teorie d’interesse sull’argomento provengono dalla fine degli anni cinquanta: quella dell’Intelligenza Artificiale Forte, che vede le macchine capaci di possedere una mente equiparabile a quella umana, e dell’Intelligenza Artificiale Debole, ritenuta di maggior credito scientifico, che vede IA più vicine al nostro computer.
Capaci quindi di risolvere piccoli problemi, funzioni semplici, in ambiti specifici. Ed è così che è conosciuta oggi.
Breve storia della sua ascesa
Tramite la diffusione di nuovi modelli tecnologici, accessibili anche al pubblico medio, l’intelligenza artificiale è diventata parte della quotidianità di molte persone. Molto diffusa è in particolare l’IA detta generativa: come indica il suo nome, questo tipo di IA è in grado di creare progetti di tipo visivo, auditivo, narrativo.
È in grado di simulare la pittura, che sia materiale o digitale, la scrittura, la fotografia, il cinema e la musica, con un margine d’errore sempre più ridotto. Numerose compagnie hanno cominciato a fare uso di questo sistema nella loro operatività quotidiana.
Già alla fine del 2023 un produttore dall’identità misteriosa, noto con lo pseudonimo Ghostwriter977, ha utilizzato un sistema generativo per imitare le voci dei cantanti Drake e The Weekend e realizzare una loro finta canzone, imitando il loro stile lirico e la produzione di Metro Boomin, produttore hip-hop e fedele collaboratore del duo. Heart On My Sleeve è un successo musicale paragonabile alle vere hit di Drake e The Weeknd, scaricata più di seicentomila volte su Spotify, e secondo una stima della BBC avrebbe guadagnato almeno un migliaio di dollari se fosse stato possibile monetizzarla. Non si conosce la sua posizione in classifica, dato che Billboard non la conteggiò come canzone effettiva.
Sempre in ambito musicale, all’inizio del 2024, la rapper Nicki Minaj si è servita di un sistema generativo di immagini per realizzare la copertina del suo album Pink Friday II e dei singoli che da esso sono stati estratti. Un altro esempio, più recente, riguarda la compagnia di produzione cinematografica A24. Essa avrebbe usato l’intelligenza artificiale per generare dei poster per film quali Civil War di Alex Garland e Late Night With The Devil dei fratelli Cairnes, utilizzando come base la fotografia delle pellicole. Sempre più diffuso anche l’utilizzo in editoria, per poster di spettacoli teatrali, convention fumettistiche (incluso il nostrano Udine Comics and Games) o copertine di romanzi.
Vi sono due principali critiche all’utilizzo di questo sistema.
La prima è legata all’elemento umano. Si ritiene che l’intelligenza artificiale generativa rappresenti una violazione del diritto d’autore e dell’autonomia professionale degli artisti. I sistemi generativi sono addestrati a partire da materiale preesistente – musica, voci, fotografie, dipinti e via dicendo. Nulla di ciò che creano è, per dir così, farina del loro sacco: si limitano a combinare, come pezzi di puzzle, elementi che li precedono. Molti membri della comunità artistica ritengono dunque che questa tecnologia sfrutti il loro impegno e ingegno per ottenere risultati in modo rapido, senza considerare il lavoro umano dietro alla sua realizzazione. C’è anche chi fa notare che l’utilizzo frequente dell’IA generativa priva artisti e disegnatori di valide opportunità d’impiego.
L’altra preoccupazione proviene dall’ambiente: l’intelligenza artificiale inquina, e tanto.
Perché l’AI inquina tanto
Le ragioni che rendono l’intelligenza artificiale un agente inquinante di grosso calibro ricordano un discorso analogo compiuto all’inizio della decade, durante il boom degli NFT e delle criptovalute. L’inquinamento del sistema giace nella sua matrice energetica, nei sistemi elettronici necessari per alimentarla e tenerla in vita.
Si tratta di un meccanismo che viene studiato da più di dieci anni, ma che solo adesso inizia a cadere nell’attenzione pubblica.
Secondo uno studio compiuto dall’Università del Massachusetts, intitolato «Considerazioni di Energia e Politiche per l’Apprendimento Profondo nel Natural Language Processing», viene detto che “il recente progresso negli hardware e nella metodologia per l’addestramento nelle arti neutrali ha aperto una nuova generazione di accuratezza in molti compiti nel NLP”, che si basa su modelli “costosi da addestrare e sviluppare, sia finanziariamente, per il costo dell’hardware e dell’elettricità e il caricamento del cloud, sia a livello di ambiente, per l’impronta di carbonio richiesta per nutrire i moderni hardware per la processione dei tensori”.
Lo studio «Carbon Emissions and Large Neural Network Training», messo a disposizione da una coalizione di professori dell’università di Berkeley, evidenzia un’altra campale emissione: quella di CO2, anidride carbonica. Esaminano chatbot come il popolare GPT-3 o Meena, sviluppato da Google e considerato il più avanzato chatbot al mondo. Il loro utilizzo avrebbe portato a più di cinquecentocinquanta tonnellate di anidride carbonica – destinati ad aumentare con l’evoluzione dei modelli.
Oltre all’energia elettrica, le intelligenze artificiali consumano anche grandi quantità di acqua. Uno studio compiuto da Forbes nel 2024, basato a sua volta sullo United Nations Environmental Reports, le compagnie tecnologiche che fanno uso di IA hanno aumentato esponenzialmente la loro richiesta di acqua, al solo scopo di rinfrescare i loro immensi hardware.
Questo perché, per rinfrescare gli enormi wafer di circuiti necessari per alimentare i suoi sistemi, è necessario un costante fabbisogno d’acqua. Acqua che è fresca, copiosa e al di fuori da qualunque sistema di riciclaggio e riutilizzo conosciuto.
Tre sono, secondo Forbes, le domande che chi intende lavorare in grande con l’IA si dovrebbe porre. Quale sia, innanzitutto, il suo impatto ambientale; poi quali problemi, e se superano i benefici del farne uso. E da ultimi i rischi, soprattutto a livello sociale, e in che modo questi vengono monitorati.
Ma i fatti nudi mostrano un modello che, per essere redditizio, non può essere allo stesso tempo sostenibile. Nello studio «Making AI Less “Thirsty”: Uncovering and Addressing the Secret Water Footprint of AI Models», condotto da tre professori dell’università Riverside e uno di Arlington, emerge che lo spreco idrico è necessario per la manutenzione dei sistemi generativi.
GPT-3, uno dei modelli di IA più utilizzati e apprezzati, consuma settecentomila litri d’acqua dolce pulita – l’equivalente, secondo i ricercatori dello stilo, di quasi quattrocento automobili BMW.
Flaminia Zacchilli