L’escalation in Ucraina nell’attesa di Trump

L’escalation in Ucraina nell’attesa di Trump

Missili a lungo raggio, mine antiuomo, dottrina nucleare e nuove testate balistiche. In una sola settimana il conflitto in Ucraina è cambiato di nuovo. La fase che si trascinava da mesi, in cui i russi avanzavano nel Donetsk lentamente ma in modo apparentemente inesorabile, lascia il posto a quello che il presidente Vladimir Putin ha definito «un conflitto dai caratteri globali».

Domenica scorsa, con una mossa a sorpresa che ha spiazzato l’opinione pubblica occidentale, Joe Biden ha deciso di concedere all’Ucraina l’autorizzazione a usare i missili a lungo raggio made in Usa per colpire il territorio russo. Per mesi il capo di stato e i suoi consiglieri del Pentagono si erano opposti, giudicando la richiesta di Kiev «inutile, se non controproducente». Al centro della nuova campagna mediatica del governo ucraino, infatti, c’erano gli Atacms (acronimo inglese di Army tactical missile systems), capaci di colpire obiettivi fino a 300 km con grande precisione e potenza di fuoco. I generali di Washington avevano stilato diversi rapporti in cui si diceva chiaramente che «concedere l’autorizzazione all’uso degli Atacms non cambierà la situazione sul campo e, anzi, rischia di inasprire ancora di più il conflitto e provocare una reazione violenta da parte della Russia». Il famoso “rischio di escalation” che è uno dei crucci di tutti i presidenti che hanno a propria disposizione la bomba atomica quando si scontrano con i Paesi che possono rispondere con la stessa arma.

Ma l’elezione di Trump sembra aver aperto il proverbiale vaso di Pandora. Ciò che all’indomani dello spoglio delle schede sembrava scontato, una settimana dopo si è rivelato quantomai pretestuoso. La guerra in Ucraina non solo non si è trasformata in un terreno di scontro congelato che esala gli ultimi vagiti guerreschi in attesa dell’insediamento di Donald Trump il 20 gennaio. Al contrario, è tornata prepotentemente in prima pagina su tutte le testate mondiali. Perché Biden ha deciso di cambiare idea proprio ora? Possiamo ipotizzare almeno due risposte. L’attuale presidente sa che il piano dell’amministrazione entrante per l’Ucraina è quello di obbligare Kiev a negoziare con Mosca, a prescindere dalla situazione sul campo di battaglia. Una trattativa così impostata porterebbe Zelensky e i suoi inviati a trattare da una condizione di manifesta inferiorità rispetto alla controparte. Al momento l’unica moneta di scambio effettiva in mano all’Ucraina è la piccola parte della regione di Kursk che occupa dallo scorso agosto. Durante la trattativa Kiev avrà a disposizione solo quella per limitare le concessioni territoriali che, inevitabilmente, dovrà fare. Per questo le truppe nord-coreane inviate in Russia da Kim Jong-un sono state dislocate nel Kursk. I generali russi vogliono riconquistare la regione e ricacciare gli ucraino oltre-confine. Il che vorrebbe dire cancellare ogni possibilità di scambio tra i due belligeranti e trasformare i trattati di pace in una capitolazione addolcita. Risulta evidente che per il motivo opposto lo Stato maggiore di Kiev tenterà di tenere il territorio occupato nel Kursk fino a quando la situazione non dovesse diventare disperata.

In tale contesto l’autorizzazione a usare i missili a lungo raggio concessa da Biden è un’ipoteca sul futuro del Paese, una sorta di polizza contro i rischi del trumpismo. Gli Atacms sono il sistema d’arma offensivo più moderno e distruttivo fornito all’esercito ucraino e permettere a Kiev di usarli contro il suolo nemico non è poca cosa. Per ora l’autorizzazione si limiterà esclusivamente all’uso nella regione di Kursk per colpire per colpire i reparti russi e nordcoreani, i mezzi i depositi e la catena di approvvigionamento della controparte. E poi c’è la deterrenza esterna. Secondo diversi analisti, la Casa Bianca si è decisa anche per colpire i soldati nord-coreani e dimostrare a Kim che non può agire liberamente. Ma il messaggio più diretto è al successore alla guida degli Stati Uniti, lo stesso che per tutta la campagna elettorale ha promesso di «terminare la guerra in Ucraina in 24 ore». Si diceva che dopo la conferma della vittoria nelle urne, Donald Trump avesse chiamato Putin per chiedere di non esagerare con gli attacchi missilistici e Zelensky per tentare di capire quali fossero le condizioni accettabili per una trattativa. Tutto ciò, al momento, è stato ampiamente superato dagli eventi.

Dopo la decisione di Biden, tra l’altro, anche Francia e Gran Bretagna si sono decise ad autorizzare l’uso dei sistemi Scalp e Storm Shadow per colpire in territorio russo. La Germania di Scholz, invece, non ha cambiato idea sui Taurus.

Il giorno dopo gli attacchi con i missili a lungo raggio in terra russa sono iniziati, ma il Cremlino ha organizzato subito la risposta. Che stavolta è stata prima mediatica. Martedì il presidente Putin ha approvato un decreto che aggiorna la dottrina nucleare della Federazione russa. Ora le forze armate di Mosca potranno utilizzare armi nucleari «contro uno stato non nucleare se supportato da potenze nucleari». Non solo, «un’aggressione da parte di qualsiasi Stato che non dispone di armi nucleari, ma è sostenuto da un Paese dotato di queste armi, sarà considerata un attacco congiunto di questi Paesi alla Russia» e quindi l’eventuale risposta sarà rivolta sia contro l’aggressore diretto sia contro i suoi alleati. Secondo l’agenzia Tass, la riforma rappresenta «una misura estrema per proteggere la sovranità» nazionale in un momento in cui «a causa dell’emergere di nuove minacce e rischi militari, la Russia «ha dovuto chiarire i parametri che consentono l’uso di armi nucleari». È stata inoltre aggiornata la lista degli stati e delle alleanze che potrebbero potenzialmente essere bersaglio della deterrenza nucleare. Interrogato dai giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo testo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è stato esplicito. L’uso di missili occidentali contro la Russia può portare a una risposta atomica? «Sì».

 

 

I governi occidentali hanno subito criticato l’uso «irresponsabile e sconsiderato» della minaccia atomica da parte della Russia e sono piovute condanne da ogni lato. Ma Biden non aveva ancora giocato l’ultima carta. L’anziano presidente degli Usa, infatti, avrebbe deciso di fornire all’Ucraina anche le mine anti-uomo. A rivelarlo è stato il Washington post che, citando degli anonimi alti funzionari del Pentagono, ha scritto: «La Russia sta attaccando le linee ucraine nell’est con ondate di truppe, a prescindere dalle perdite. Gli ucraini ovviamente subiscono perdite e sempre più città e località rischiano di cadere. Queste mine sono fatte appositamente per contrastare tale tendenza». Non sapendo come aiutare Kiev ad arrestare l’avanzata delle truppe nemiche, il Pentagono avrebbe valutato che «la fornitura di mine sia tra le mosse più utili che gli Usa possano fare per contribuire a rallentare gli attacchi russi». Nonostante le rassicurazioni fornite al Wp dal funzionario – le mine sarebbero di un tipo particolare in grado di distruggersi o diventare inattive, si potranno usare solo in territorio ucraino e in particolare nel Donetsk, Kiev si è impegnata a non utilizzarle in aree densamente popolate – è evidente che per aiutare l’alleato in difficoltà Washington ha scelto di contravvenire a quasi 30 anni di trattati e convenzioni contro l’uso di questo devastante dispositivo esplosivo.

A questo punto, l’ultimo atto. Giovedì l’esercito russo ha testato un nuovo missile balistico a medio raggio lanciandolo contro la città di Dnipro. Si tratta di un vettore in grado di trasportare testate atomiche (che non sono state usate nell’attacco) e di raggiungere obiettivi a migliaia di chilometri di distanza. Il nome in codice scelto per il nuovo missile è Oreshnik. Secondo Kyrylo Budanov, il capo dell’intelligence militare ucraina, ha spiegato che «si tratta del nome del progetto di ricerca, è solo un nome in codice. Il sistema stesso, che è sperimentale, è noto come “Kedr”. Chiamiamolo semplicemente missile balistico a medio raggio. Un vettore di armi nucleari. Il fatto che abbiano utilizzato una versione non nucleare è, come dicono, un avvertimento da parte loro che non sono impazziti del tutto». Martedì prossimo Kiev ha richiesto una riunione straordinaria del Consiglio Nato-Ucraina per discutere delle conseguenze dell’uso del nuovo missile e della situazione sul campo.

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