In risposta alle sanzioni occidentali, la Russia ha sviluppato una rete di petroliere clandestine per garantire la continuità delle sue esportazioni energetiche, nota come “flotta ombra”. Questo termine si riferisce a un sistema di navi cisterna che, attraverso pratiche ingannevoli e operazioni occulte, riescono a eludere il monitoraggio internazionale e le restrizioni imposte da Unione Europea, Stati Uniti e G7. Queste imbarcazioni, spesso registrate sotto bandiere di Paesi terzi, rappresentano il principale strumento di Mosca per aggirare il meccanismo del price cap sul petrolio e continuare a rifornire i mercati globali. Nonostante gli sforzi della comunità internazionale per contrastare queste attività, la flotta ombra ha subito una significativa espansione, diventando una delle principali fonti di ricavo per la Russia.
L’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha portato all’adozione di sanzioni senza precedenti da parte dell’Unione Europea, del G7 e degli Stati Uniti, volte a colpire l’economia russa. L’obiettivo principale di queste misure è ridurre la capacità di Mosca di finanziare le operazioni belliche, colpendo il settore petrolifero e del gas, che rappresenta il 60% delle esportazioni russe e circa il 40% delle entrate statali. Le misure più significative includono:
● Embargo sulle importazioni di petrolio russo via mare;
● Price cap che limita il prezzo massimo del greggio russo a 60 dollari a barile;
● Divieto di fornire servizi di trasporto e assicurazione per il petrolio russo venduto sopra al tetto massimo
Per aggirare tali restrizioni, la Russia ha sviluppato una vasta rete di petroliere clandestine. Queste imbarcazioni, spesso obsolete e registrate sotto bandiere di comodo, vengono impiegate per trasportare petrolio e prodotti raffinati principalmente verso Cina, India e Turchia.
Struttura e Composizione della flotta ombra
L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha adottato una risoluzione per contrastare le operazioni illecite della flotta ombra russa. La risoluzione del 6 dicembre 2023 esorta gli Stati membri ad adottare misure concrete per fermare queste pratiche e promuovere maggiore trasparenza nel settore marittimo.
Secondo i dati della Kyiv School of Economics (KSE), dal 2022 la Russia ha investito circa $10 miliardi per espandere la propria flotta fantasma, che attualmente conta oltre 400 navi. Dall’inizio dell’invasione in Ucraina, il volume di petrolio russo trasportato dalle petroliere fantasma è aumentato costantemente, raggiungendo 4,1 milioni di barili al giorno nel giugno 2024, e oggi rappresenta il 70% delle esportazioni marittime russe.
Come Mosca occulta la sua flotta ombra
Il Cremlino ha adottato diverse strategie per evitare i controlli internazionali e garantire la continuità operativa della sua flotta ombra. Tra le tattiche più diffuse vi è la registrazione delle petroliere sotto bandiere di altri Stati neutrali, principalmente Panama, Liberia, Isole Marshall, Isole Cook e Gabon. Queste imbarcazioni non sono soggette alle stesse normative applicate nei Paesi che aderiscono alle sanzioni, consentendo loro di operare senza il rischio di sequestro o interdizione dei porti.
Una parte della flotta fantasma russa comprende petroliere precedentemente appartenenti alla compagnia statale russa Sovcomflot, successivamente trasferite a società con sede negli Emirati Arabi Uniti. Questo passaggio ha lo scopo di nascondere la reale proprietà russa delle imbarcazioni, facilitandone l’operatività sui mercati internazionali nonostante le restrizioni imposte.
Per occultare la loro vera provenienza, molte di queste navi adottano la pratica del “darkening”, ovvero disattivano i transponder per impedire il tracciamento della loro posizione. Inoltre, la tecnica del “ship-to-ship transfer”, ovvero il trasferimento di carichi tra due navi in mare aperto, permette di mascherare ulteriormente l’origine del petrolio e di eludere le sanzioni.
Evasione del price cap
Secondo l’analisi condotta dalla KSE, le operazioni della flotta fantasma hanno consentito alla Russia di aggirare il sistema di price cap, generando nel 2024 circa 9.4 miliardi di dollari in ricavi aggiuntivi. Poiché le navi non risultano direttamente collegate a Mosca, il price cap non può essere applicato, consentendo la vendita del petrolio a prezzi superiori al limite di 60 dollari per barile.
Il 10 gennaio 2025, gli Stati Uniti, tramite l’Office of Foreign Assets Control (OFAC), hanno imposto nuove sanzioni contro la Russia per contrastare l’evasione del price cap. L’OFAC ha ampliato la lista delle entità sanzionate, includendo alla SDN list diverse compagnie petrolifere russe, tra cui Gazprom Neft e Surgutneftegas, nonché 183 petroliere appartenenti alla flotta ombra. Tuttavia, identificare con certezza la provenienza del petrolio risulta complesso, poiché molte società ricorrono a shell companies per mascherare il commercio di greggio.
Minacce ambientali
Le attività della flotta ombra russa sollevano anche gravi preoccupazioni per la sicurezza marittima e ambientale. Come riportato dal CREA, oltre il 72% delle petroliere fantasma ha più di 15 anni, aumentando esponenzialmente il rischio di malfunzionamenti e fuoriuscite di petrolio in mare. Inoltre, la mancanza di un’adeguata assicurazione P&I aumenta i potenziali danni derivanti da fuoriuscite di combustibile. Senza adeguata copertura assicurativa, i fondi di emergenza per contenere le fuoriuscite possono essere ritardati o direttamente non disponibili.
Nel marzo 2024, la Andromeda Star, una petroliera appartenente ad una compagnia con sede alle Seychelles e priva di adeguata assicurazione, si è scontrata con un’altra imbarcazione a largo delle coste della Danimarca. Fortunatamente si è sventato il disastro ambientale, infatti la petroliera, che avrebbe potuto trasportare fino a 700.000 barili di greggio, era di ritorno in Russia, quindi non era carica. La notizia più recente risale al 9 febbraio 2025, a seguito di un’esplosione nella petroliera Koala nel porto di Ust-Luga (Russia). La nave, battente bandiera di Antigua e Barbuda, trasportava 130.000 tonnellate di combustibile e si stava preparando a lasciare il porto, quando diverse esplosioni nella sala macchine hanno causato gravi danni all’imbarcazione costringendo l’equipaggio ad evacuare. L’Agenzia russa per il
trasporto marittimo e fluviale riporta che non ci sono state fuoriuscite di carburante e che la petroliera non è a rischio affondamento. Gli incidenti che coinvolgono le petroliere della flotta ombra russa sono sempre più frequenti, e l’eventualità di un disastro ambientale sembra essere solo una questione di tempo.
La guerra ibrida: una minaccia alla sicurezza europea
Il Mar Baltico è diventato un punto strategico per le operazioni della flotta ombra russa. Circa il 50% delle esportazioni petrolifere russe transita attraverso questa regione, rendendola cruciale per le attività del Cremlino. Nel solo aprile 2024, il KSE stima che le petroliere ombra legate alla Russia abbiano trasportato circa 92 milioni di barili, pari all’82% di tutte le esportazioni russe attraverso il Mar Baltico. La flotta clandestina di Mosca rappresenta una sfida solo in termini di elusione delle sanzioni, ma ha conseguenze dirette sulla sicurezza europea. Attraverso tattiche di guerra ibrida, le imbarcazioni della flotta ombra russa compiono operazioni di spionaggio e sabotaggio dei cavi sottomarini.
Questi cavi, usati per il trasporto di gas, elettricità e traffico internet, sono estremamente preziosi e il loro danneggiamento può avere devastanti effetti economici ed esporre l’Europa ad attacchi informatici.
In risposta a queste minacce, durante il summit di Helsinki, il Segretario Generale della NATO Mark Rutte ha annunciato l’operazione Baltic Sentry. Questa iniziativa prevede un rafforzamento della sorveglianza nel Mar Baltico attraverso il dispiegamento di fregate, aerei da pattugliamento marittimo e droni navali. Inoltre, durante il summit, i leader dei Paesi baltici hanno concordato l’adozione di nuove tecnologie di sorveglianza e una maggiore collaborazione con gli operatori delle infrastrutture critiche per potenziare la protezione delle risorse sottomarine. Sotto il comando del Generale Christopher Cavoli, Comandante Supremo Alleato in Europa, questa operazione rientra in più ampio programma di rafforzamento della presenza NATO nella regione.