Non è solo l’inizio dei colloqui tra Usa e Russia a spaventare l’Ucraina, ma il clima generale da caccia alle streghe fomentato da Donald Trump. Durante la conferenza stampa di ieri, il presidente degli Stati Uniti ha portato a termine il capovolgimento della linea di Joe Biden. L’Ucraina non è più il «baluardo della democrazia e dei valori occidentali», ma un Paese che «si lamenta per non essere stato invitato a Riad», dove si è tenuto il primo incontro tra le delegazioni usa e russa e che però «ha lasciato che la guerra scoppiasse e non è riuscita a fermarla in questi tre anni». Non solo, per Trump la popolarità di Zelensky sarebbe ormai scesa al 4% e dato che nel Paese est-europeo non si tengono elezioni a causa della legge marziale, il tycoon si è spinto fino a definire il leader ucraino un «dittatore» che ha fatto «sparire metà dei soldi inviati dagli Usa».
Zelensky, ha replicato che «il presidente Trump – con grande rispetto per lui e per il suo popolo – purtroppo vive in una bolla di disinformazione russa» riferendosi alla presunta percentuale del 4%, non confermata da alcuno studio statistico ma effettivamente apparsa di recente sui canali Telegram russi. Per la cronaca, secondo l’Istituto internazionale di statistica di Kiev, la popolarità del presidente è effettivamente crollata rispetto a mesi fa, ma al 52%. Ma al di là degli attacchi personali, l’aspetto stupefacente è che Washington abbia abbandonato la retorica dell’«aggredito e dell’aggressore», una dicotomia che fin dall’inizio della guerra non aveva lasciato scampo a interpretazioni del conflitto che si discostassero dalla totale responsabilità di Mosca. Kiev era la vittima delle mire imperialiste dello «zar», punto. Due anni e mezzo di amministrazione Biden non si erano mai discostati da questo dogma. Dunque le forniture di armi, finanziamenti, aiuti umanitari e sostegno politico all’Ucraina non era mai mancata. Laddove non sono intervenuti direttamente, gli Usa hanno fatto pressioni per “spronare” gli alleati europei a inviare armi a Kiev.
Non esagerano quanti affermano che senza gli Stati Uniti questo conflitto non sarebbe mai durato così a lungo. Certo, chi ha dato la vita sono i soldati ucraini e su questo non si discute. Ma le risorse materiali per proseguire la guerra sono venute da fuori. Un altro dei cavalli di battagli di Trump, al momento, è che sia stata Washington a farsi carico di tutto il peso economico e militare di questi tre anni e che l’Unione Europea non abbia fatto la sua parte. Il che apre un secondo fronte: quello con Bruxelles che è sia commerciale (dazi, produzione industriale e importazioni di Gas liquefatto made in Usa) sia militare (spese per la Nato). Il tycoon vuole che l’Ue spenda di più per difendersi, vuole disimpegnarsi dal ruolo che il suo Paese ha avuto per il Vecchio Continente dal secondo dopoguerra a oggi o minaccia di «cambiare la struttura» del Patto Atlantico. Se ciò voglia dire scioglierla o uscirne non è chiaro. In ogni caso a Trump andrebbe bene anche che gli stati europei spendessero di più per la Difesa comprando armi proprio dagli Usa. Il tutto, com’è evidente, in un’ottica economica che vede Washington al centro del traffico globale. Sull’Ucraina Washington ha dichiarato di aver speso 350/400 miliardi di dollari, mentre l’Ue solo 100. Questi soldi, o almeno il disavanzo, Trump ora lo reclama sotto forma di risorse minerarie ucraine o di investimenti nelle armi Usa da parte dei 27.
Ma la verità è ben diversa. Secondo l’ultimo report del 14 febbraio 2025, pubblicato da Ukraine support tracker, un osservatorio che fa capo all’università tedesca di Kiel (accreditata globalmente per quanto riguarda questo tipo di studi), nel complesso i Paesi europei hanno speso 132 miliardi di euro contro i 114 americani. Dunque Trump mente anche su questo. Della cifra totale, 62 miliardi sono gli armamenti UE fatti pervenire a Kiev e il resto aiuti economici e umanitari. Washington ha speso leggermente di più per le armi (64 miliardi), ma come abbiamo visto il calcolo totale rivela che nel stanziato ha sborsato meno fondi.
«Pensateci, un comico di modesto successo, Volodymyr Zelensky, ha convinto gli Stati Uniti d’America a spendere 350 miliardi di dollari, per entrare in una guerra che non poteva essere vinta, che non avrebbe mai dovuto iniziare, ma una guerra che lui, senza gli Stati Uniti e ‘TRUMP’, non sarà mai in grado di risolvere. Gli Stati Uniti hanno speso 200 miliardi di dollari in più dell’Europa, e i soldi dell’Europa sono garantiti, mentre gli Stati Uniti non riceveranno nulla in cambio. Perché il sonnolento Joe Biden non ha chiesto ‘l’Equalization’, in quanto questa guerra è molto più importante per l’Europa che per noi: abbiamo un grande e meraviglioso oceano che ci separa». Lo ha scritto Trump sul suo social media, Truth. Praticamente ogni informazione, se così possiamo definire quest’accozzaglia di propaganda e frasi urlate scritte in maiuscolo, è falsa. Ma al magnate dal ciuffo rosso non importa affatto. È la sua strategia comunicativa: prendere una tesi basata su qualche luogo comune o complotto e ripeterla all’infinito finché una buona parte dei suoi seguaci non la sposa e a quel punto anche gli oppositori sono costretti a fare i conti con questa retorica aggressiva ma palesemente falsa.
In ogni caso, se questo è il nuovo tenore delle relazioni tra Kiev e Washington Zelensky e i suoi soldati non possono certo dormire sonni tranquilli. L’abbiamo già visto in passato: quando Trump inizia non si ferma davanti a niente, nemmeno all’evidenza. Ora però non si tratta dello scontro politico interno, ma del destino di un altro Paese che fino a ieri era cullato e nutrito come un figlio prediletto e ora sembra sull’orlo dell’abbandono. Neanche tutto ciò è nuovo, gli Stati Uniti ci hanno abituato a cambiamenti abbastanza improvvisi, ma in Occidente spesso fingiamo che non sia così. Tocca ai nuovi malcapitati, di volta in volta, scoprire quanto siano labili le promesse di un futuro democratico a stelle e strisce.
Sabato Angieri