Come di tutto il mondo la diga di Nova Kakhovka è stata distrutta. L’argine che verso la foce del Dnipro forniva acqua riportato dai media alla centrale nucleare di Zaporižžja, la stessa acqua che veniva dirottata ai centri urbani ucraini, fino in Crimea, è saltato inondando il territorio circostante. Immediati sono stati i paragoni con quanto ordinato da Stalin nel 1941 per bloccare l’avanzata delle truppe naziste. Kiev ha subito accusato Mosca, che ha smentito, nel rimpallo di responsabilità cui ormai siamo abituati. Di certo c’è che l’azione di sabotaggio ha messo a repentaglio l’esistenza di decine di migliaia di persone (un milione secondo le stime più pessimistiche) che vivono nelle aree circostanti. Non meno allarmante è il fatto che zone distanti dalla diga rischiano di vedere interrotte le forniture d’acqua e che la centrale di Zaporižžja possa non disporre di acqua per il raffreddamento dei circuiti. In parallelo si moltiplicano gli scontri armati, soprattutto nel Donetsk meridionale. Si combatte ancora nelle vicinanze di Bakhmut, dove gli ucraini sono riusciti a sfondare a ovest della città ormai in mano ai russi. La controffensiva di cui si parla da mesi pare essere a tutti gli effetti iniziata, ma l’attentato alla diga di Nova Kakhovka spariglia le carte in tavola.
A cura di Sabato Angieri
Regia di Ciro Colonna