Barcellona dice addio a AirBnb: il punto sull’emergenza abitativa

Barcellona dice addio a AirBnb: il punto sull’emergenza abitativa

Barcellona vuole abolire gli AirBnb

La carenza di alloggi abitativi richiede misure estreme: come quella portata avanti a Barcellona, dove dal 2029 saranno aboliti gli AirBnb.

Luglio è stato un mese caldissimo, nella città di Barcellona: animato di numerose proteste legate all’emergenza abitativa creata dal turismo di massa in stile AirBnb et similia. Al punto che il sindaco socialista della città, Jaume Collboni, ha annunciato che dal 2028 non saranno più rinnovate le licenze degli appartamenti per turisti, che sono 10.101.

La stretta, più in generale, riguarderà il turismo mordi-e-fuggi: anche quello dei crocieristi, la cui tassa turistica di 7 euro giornalieri aumenterà in caso di permanenza inferiore alle 12 ore in città.

L’obiettivo finale? Abolire di fatto gli AirBnb nella città a partire dal 2029. Questa la dichiarazione di intenti di Collboni: “La città non può permettere che un numero così elevato di appartamenti venga utilizzato per attività turistiche in un momento in cui la difficoltà di accesso agli alloggi e gli effetti negativi del sovraffollamento sono evidenti”. Il primo cittadino ha anche il sostegno della Ministra dell’edilizia abitativa Isabel Rodriguez.

Questi i numeri del turismo del 2023 nella provincia catalana: 26 milioni di turisti, a fronte di 5,5 milioni di residenti. Il boom degli affitti brevi e del turismo di massa ha prodotto un cospicuo rincaro dei prezzi: stando alle percentuali snocciolate da Collboni, negli ultimi 10 anni gli affitti sono cresciuti del 68% a Barcellona, mentre i prezzi delle case in vendita sono lievitati quasi del 40%.

L’emergenza case, soprattutto nei centri storici delle grandi città, riguarda le città di tutto il mondo.

AirBnb & co: l’emergenza abitativa nel mondo

Qui New York

A fare da apripista alle “leggi anti-AirBnb” è stata la metropoli statunitense per eccellenza: New York. Da settembre 2023, nella Grande Mela è in vigore una legge che pone diversi limiti agli host, incluso quello di mettere in affitto per periodi brevi solo case nelle quali sono residenti. A promuoverla è stato il procuratore dell’ufficio dell’Applicazione delle Normative Speciali Christian Klossner, che ha precisato: “La nostra non è una crociata contro Airbnb, si tratta semplicemente di proteggere la politica abitativa e far rispettare la legge”.

A 6 mesi dall’entrata in vigore della nuova legge, però, i risultati non sembravano essere quelli sperati. Con meno di 5000 annunci AirBnb rimasti sulla piattaforma a febbraio 2024, è stato rilevato che la maggior parte degli alloggi che prima erano disponibili a breve termine ora non lo sono a lungo termine. In più pare che la legge abbia finito per penalizzare quei piccoli proprietari che volevano arrotondare le proprie entrate quando erano fuori città con rischi ridotti (in primis, quello di subire occupazioni abusive).

Qui Berlino

Dal 2016, sono vietati gli affitti brevi di interi appartamenti. E in città le seconde case si possono affittare per un massimo di 90 giorni all’anno.

Al programma di La7 L’aria che tira, un anno fa, il corrispondente RTL Germania Udo Gumpel faceva notare: “Berlino è piena di studenti italiani che non trovano casa, hanno la concorrenza dei turisti italiani”. Insomma: Berlino non è (più) nemmeno una città per studenti, a causa dell’overtourism.

Qui Parigi

Nella capitale francese gli AirBnb sono letteralmente esplosi. Il loro numero è raddoppiato in un solo anno, passando da 58 a 134.000.
Senz’altro, a contribuire al boom sono state anche le Olimpiadi in corso: come riporta lo stesso AirBnb, in occasione dei Giochi le prenotazioni sarebbero incrementate del 400%. E costano prezzi salatissimi: in media 620 euro a notte, come riporta la Repubblica.

Al di là dell’evento sportivo, la città si trova a fronteggiare un’emergenza abitativa importante, legata soprattutto ai prezzi eclatanti per chi decide di comprare un immobile (difficilmente inferiore ai 10.000 euro al metro quadrato) e al costo elevato degli affitti.
In compenso, da marzo 2014, in Francia è in vigore la Loi Alur, legge che riguarda proprio la regolamentazione degli affitti a breve termine.

Queste le condizioni imposte: per essere legale un annuncio deve riguardare solo la prima casa, vale a dire la residenza principale, che deve essere necessariamente registrata e dotata di un codice identificativo. È previsto anche un tetto per il numero massimo di giorni che può essere affittata: 120 all’anno. Se si intende affittare per un periodo più lungo è necessario cambiare la destinazione d’uso della casa da residenziale a commerciale e compensare tale modifica cambiando la destinazione d’uso da commerciale a residenziale di un immobile analogo. Regole difficili da far rispettare.

E in Italia?

Anche nel nostro Paese il problema ha assunto una dimensione preoccupante. Ci sono regioni che hanno preso misure drastiche: è il caso del Trentino Alto-Adige e della provincia di Bolzano. Qui, se non vieni da una famiglia altoatesina non puoi comprare più di una casa. Con questa ricetta la Regione cerca di combattere la speculazione e l’emergenza abitativa.

Il presidente dell’associazione albergatori del Trentino Gianni Battaiola pone l’accento sulla necessità di adeguare le norme e la tassazione delle imprese di accoglienza in stile AirBnb a quelle delle normali imprese alberghiere: “Queste imprese devono essere soggette alle stesse tasse che vengono pagate dalle attività alberghiere e non solo. Dovrebbero anche rispettare le stesse norme di sicurezza e antincendio. Altrimenti quello che fanno significa eludere le tasse e fare concorrenza sleale alle imprese alberghiere che invece pagano quanto dovuto e adeguano i loro immobili alle norme”.

In città come Torino c’è bisogno di misure ad hoc. Basti pensare che nel solo centro barocco del capoluogo della Regione Piemonte, nell’arco di 4,5 chilometri quadrati, si contano ben 4.945 alloggi AirBnb. Lo ha rilevato il ricercatore del Politecnico di Torino Matteo Beltramo, nella sua tesi Piattaforme digitali e città: gli effetti di Airbnb sullo spazio urbano torinese. Beltramo ha rilevato che nel quinquennio 2017-2022 gli annunci di alloggi destinati ad affitti brevi sono aumentati del 77,8%.

Restiamo al Nord. Anche a Milano, città che sta ancora risentendo dell’onda lunga dell’overbooking legato al concertone della cantautrice canadese Taylor Swift, che ha comportato un aumento del 250% delle prenotazioni di AirBnb, c’è un problema analogo.
Aggravato dal fatto che qui circa l’80% dei residenti è proprietario di casa mentre il restante 20% ha a disposizione ben pochi alloggi in affitto, quasi sempre a breve termine.

Persino il sindaco della città, Giuseppe Sala, già nel 2023 si era espresso duramente nei confronti della piattaforma: “Non si può avere più di 20mila appartamenti dedicati agli affitti brevi. Bisogna lavorare sul numero di giornate. Ce l’ho con chi in questi anni ha fatto razzia di appartamenti per poi metterli sul mercato con affitti brevi”.

Qui un problema importante sono anche i prezzi salatissimi, anche per alloggi, come lo studentato che verrà costruito nel Villaggio Olimpico milanese, che dovrebbero accogliere gli studenti universitari. Studenti, e famiglie, che dovranno sborsare dai 750 ai 1000 euro per una stanza. Pochissimi alloggi, insomma, a prezzi folli e accessibili a pochi.

A Firenze, città che può vantare un turismo più che fiorente, la nuova sindaca (esponente del centrosinistra) Sara Funaro è dichiaratamente contraria al monopolio di AirBnb. E recentemente ha annunciato: “La delibera sullo stop agli affitti turistici brevi è pronta. Sarà approvata in giunta nei prossimi giorni. Vogliamo andare velocemente perché è un tema urgente”.

A fine luglio, Nardella si è incontrata a Roma con il Ministro del Turismo Daniela Santanché. Queste le rimostranze della prima cittadina fiorentina: “Ho fatto presente alla ministra che per città come la nostra con un alto impatto turistico legato a un’alta densità abitativa servono strumenti governativi che aiutino a governare il fenomeno”.

Non è la prima volta che nel capoluogo toscano si valuta una legge in materia: l’ex sindaco Dario Nardella aveva già proposto una delibera urbanistica sugli affitti turistici brevi, che poi fu bocciata dal Tar perché ritenuta “improcedibile” per “sopravvenuta carenza di interesse”.

Nell’iperturistica Roma, trovare un semplice alloggio in affitto a medio e lungo termine appare una missione impossibile. Soprattutto con il Giubileo alle porte, ricorrenza religiosa che promette di portare in città 35 milioni di turisti: un overbooking pre-annunciato.

E un’occasione ghiotta per quei proprietari di immobili interessati a speculare il più possibile sulle loro case, per un periodo circoscritto di tempo. Sempre meno affitti stabili, sempre più affitti a breve e brevissimo termine. Con la conseguente impennata dei prezzi (+9% al metro quadrato) e crescente indisponibilità di immobili ad uso abitativo.

Secondo i dati del progetto statunitense indipendente Inside Airbnb riportati da L’Espresso, a Roma, a gennaio di quest’anno, c’erano più di 29.500 Airbnb, a fronte dei 24.500 del 2023. Questo mentre Immobiliare.it riporta un crollo del 32% dell’offerta su Roma a gennaio 2024 su base annua. Un fenomeno che riguarda sia il centro che le zone periferiche.

Roma, il regno pert eccellemza degli AirBnb

Anche più a Sud non va meglio. A Napoli, ad esempio, quasi una casa su due (il 41,2%) si acquista per investimento: si tratta della percentuale più alta in Italia dopo Verona. Lo dice un report Tecnocasa di quest’anno, che evidenzia la media italiana del 19,5%.

A cosa vengono destinati, poi, questi investimenti immobiliari? Sempre più spesso a case vacanza. Case vacanza che, stando ai dati di InsideAirBnb nel 65% degli annunci sono affittate per intero e non per camera. Inoltre, nel 63% dei casi gli annunci sono riconducibili agli stessi “host”, spesso proprietari di molteplici immobili.

Ad aggravare il tutto ci si mette una popolazione, residente anche in zone centrali della città, che spesso detiene un reddito basso (non superiore ai 13.000 euro annui), e una percentuale consistente (il 69%, secondo l’ISTAT) di residenti che sono giovani famiglie in affitto.

Qual è la soluzione?

A Roma una proposta dei sindacati degli inquilini, sostenuta dai 5stelle, ha fatto discutere: l’idea è quella di investire i soldi che Airbnb deve versare al Fisco nella parziale risoluzione dell’emergenza abitativa locale. L’accordo tra il colosso statunitense e l’Agenzia delle Entrate prevede il versamento di 576 milioni di euro di mancate tasse sulla cedolare secca: la Capitale potrebbe accedere a parte di questo denaro e investirlo nell’acquisto di immobili vuoti oppure nell’erogazione di contributi per l’affitto.

La ricetta perfetta ancora va trovata: molte città guardano a New York, per trovare una soluzione. Ma chissà che la strada giusta, quella legata alla tassazione, non sia quella della Città Eterna.

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