Nell’audizione di ieri alla commissione Economia dell’Eurocamera la vicepresidente della Commissione Ue, Roxana Minzatu ha lanciato l’allarme sul rischio di povertà dell’Ue, sottolineando il fenomeno della povertà lavorativa, le retribuzioni basse, le scarse percentuali sulla formazione professionale (solo il 30% degli adulti)
La situazione rispecchia macroscopicamente quello che succede anche in Italia.
Per la prima volta l’Istat diffonde nel nostro paese nuovi indicatori legati alla percezione del nostro benessere. Nel report 2024 sui Profili di benessere delle 14 città metropolitane (CM) italiane, basato sugli indicatori del bes dei territori (besT), si parla di reti d’aiuto, percezione di degrado e di sicurezza nella zona in cui si vive e della soddisfazione per la propria vita.
I giovani cittadini (dai 14 anni in su) si rivolgono, in caso di bisogno, alla cerchia familiare anziché reti di vicinato o amicizie soprattutto nelle CM rispetto ai capoluoghi, dove “la percezione di sicurezza è tendenzialmente minore rispetto alla CM nel suo complesso” con criticità maggiori nelle città di Bari, Napoli e Palermo. La soddisfazione della propria vita varia nelle CM con dati medio-bassi, dal 54% dei giovani intervistati a Reggio Calabria al 33% di Napoli. Nel quadro d’insieme emerge la disparità Nord-Sud dove “nelle città metropolitane del Nord e del Centro, la maggioranza degli indicatori evidenzia vantaggi rispetto alla media nazionale, mentre nel Meridione prevalgono gli svantaggi”. Le città virtuose sono Firenze, Milano e Bologna (75% di valori sopra la media), Roma fa da spartiacque (54,8% di valori sopra la media), mentre “la quota più elevata di svantaggi si riscontra a Reggio Calabria (79%), Catania e Napoli” (fonte Istat).
Fra i punti critici c’è sicuramente Ambiente e sostenibilità del territorio. Il Rapporto territori 2024 dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), basato sull’analisi dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile all’interno degli obiettivi strategici dell’Agenda 2030 stabiliti dall’Onu, evidenzia un significativo ritardo sui temi di “povertà, acqua e servizi sanitari, giustizia e istituzioni che peggiorano in molti territori”. Virtuose Firenze, Milano, Roma e Cagliari (6-8 obiettivi raggiunti) contro Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Catania (solo 2 obiettivi raggiunti). Seppur con ritardo, “la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS) da parte del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite) segna un importante passo avanti per l’avanzamento dell’Italia” in ottica Agenda 2030 (fonte Asvis).
Il processo di transizione, per un Paese con valori e politiche attive volte al cambiamento, passa necessariamente dal superamento dell’eredità generazionale e dalla formazione dei giovani che faranno parte delle nuove classi sociali e politiche. Per questo occorre porre il focus sulla “fragilità dei percorsi educativi nei giovani 0-24 anni” rilevata dall’Istat. Se la partecipazione al I ciclo di istruzione è massima e a tempo pieno (Napoli e Bari), l’istruzione secondaria superiore presenta bassi tassi di partecipazione (Milano e Venezia) considerato l’obbligo scolastico fino ai 16 anni di età. In particolare “il livello di competenza degli studenti presenta maggiori criticità nella CM di Napoli; a Catania la quota più bassa di persone 20-24 anni con almeno il diploma. Non studia ed è fuori dal mercato del lavoro il 14% dei giovani delle CM”, giovani che compongono il 22% della popolazione totale (fonte Istat).
Le prime avvisaglie di fragilità si notano già dai servizi educativi per la prima infanzia (fino ai 2 anni di età) necessari per benessere e inclusione dei bambini. Rappresentano un “supporto alle famiglie per facilitare la conciliazione della cura dei figli con la vita lavorativa e sostenere l’occupazione femminile, oltre a contrastare la povertà educativa e ridurre i divari di sviluppo sociale e cognitivo” (fonte Istat). L’obiettivo di copertura del 75% dei comuni, stabilito a livello nazionale, è raggiunto tuttavia soltanto dalla metà delle CM.
“La distribuzione delle quote di iscritti al primo ciclo formativo (dall’infanzia alla scuola secondaria di primo grado) non evidenzia significative divergenze”. Si evidenzia però una sovrappresenza di iscritti nei capoluoghi dovuta alla presenza non capillare sul territorio delle scuole secondarie di secondo grado, altro sintomo di fragilità nel percorso educativo. Manca un’offerta variegata di scuole di ogni ordine perché il giovane non sia costretto a spostamenti, non sempre agevoli, fuori dal Comune di residenza.
Purtroppo la pandemia da Covid-19 ha contribuito anche al “peggioramento del livello di apprendimento e delle competenze degli studenti con quote di low performer nettamente superiori con un incremento del 14% per le competenze alfabetiche e del 11% per quelle numeriche”. Nelle CM si rileva inoltre un ampio divario di genere, con livelli di istruzione dei maschi (82,8%) inferiori a quelli delle femmine (88,2%). Il mancato raggiungimento di competenze adeguate e di un elevato livello di istruzione contribuisce ad accrescere il numero di giovani che non studiano e non lavorano (NEET – Neither in Employment nor in Education and Training). “Nelle CM del Mezzogiorno il peso di questo segmento di giovani più vulnerabili raggiunge quote a due cifre con criticità a Napoli e Palermo” (fonte Istat).
La percezione del benessere dei giovani, nel proprio territorio, non può non incidere sull’aspettativa del loro stesso futuro. Incide sulla volontà di partecipazione, di essere soggetti attivi nel contesto sociale, di ricerca e consapevolezza dei propri talenti e limiti. Spesso viene preferita l’inazione, la comfort zone familiare, l’accontentarsi del minimo indispensabile per la paura di fallire. La percezione di vivere in un territorio con scarsa propensione al Welfare, specie in alcuni territori critici circondati da violenza, può favorire nel giovane un sentimento di rivalsa e di esclusione dalla società civile per seguire modelli di criminalità.
Da un’Indagine sulla popolazione giovanile tra orientamento, nuovi bisogni e competenze, svolta dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), “due terzi degli intervistati non sa dare un’indicazione su cosa potrebbe fare, o si senta preparato a fare nel futuro e, anche coloro che dichiarano di aver maturato un’esperienza professionale, non sanno declinare in modo nitido le loro competenze. È stato evidenziato anche quanto sia scarsa la propensione ad attivarsi nella ricerca di un lavoro” (fonte Inapp).
Per favorire l’occupabilità e lo sviluppo personale, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) va nella direzione di favorire le opportunità per migliorare le competenze delle persone e mantenere la condizione di soggetti attivi. Le politiche prevedono investimenti per adeguati e qualificati interventi ai servizi di orientamento, conoscenza e ricerca di nuovi sbocchi occupazionali, formazione, e una sempre più stretta connessione tra il mondo dell’università e del lavoro.
Sembra alquanto prioritario, nel percorso di crescita del giovane, attuare politiche di sostegno volte, in primo luogo, ad aiutare i ragazzi a potenziare la fiducia in sé stessi, esprimendo empatia, presenza e ascolto. Rassicurare sull’eventualità di dover affrontare fallimenti, sia nel loro percorso formativo che professionale, fornendo loro strumenti di auto-supporto al superamento degli stessi. Non da meno il compito di stimolarli con l’educazione alla curiosità attraverso una maggiore partecipazione alla vita sociale e culturale collettiva, oltre al sostegno verso una decodificazione della propria identità personale e professionale.
Emiliano Prisco