Si è conclusa da poco la tournée de“La vita al contrario – Il curioso caso di Benjamin Button”, per alcuni mesi in diversi teatri italiani. Narra la vicenda che ha luogo nel 1860, anno di nascita di Benjamin Button, il protagonista. Non si sa né come né perché, ma questi nasce con l’aspetto di un uomo anziano – si stabilisce che la sua età corrisponde a quella di un ottantenne – e da qui il protagonista prosegue nel tempo e nelle sue complesse vicende ringiovanendo ogni anno che passa, per poi concludere la sua vita arrivando al giorno precedente alla sua nascita.
“La vita al contrario – Il curioso caso di Benjamin Button”, è basato sull’omonimo racconto di Francis Scott Fitzgerald del 1922, opera che nel 2008 è stata portata sul grande schermo da David Fincher.
L’adattamento teatrale ad opera di Pino Tierno riduce la complessità della narrazione, la spoglia da ogni effetto speciale rispetto al film, a vantaggio di una dimensione umana credibile nonostante l’assurdità della storia e rimane fedele al racconto di Fitzgerald anche se, in questo, il protagonista non è narratore mentre sul palco il protagonista con il nome di Giovanni Cotone è il narratore della storia, interpretato da Giorgio Lupano, che sancisce l’inestimabile valore della sua capacità performativa.
Con presenza scenica, forza interpretativa e delicatezza del muoversi nel tempo e nello spazio dell’essere uomo e umano, Lupano mette all’angolo lo spettatore per l’intera durata dello spettacolo.
Un’ora e quindici minuti per la regia di Ferdinando Ceriani, attenta, pensata in maniera da far vibrare il testo e offrire all’attore un parco in cui muovere senza costrizioni le emozioni. Questa complicità tra regia e interpretazione non manca di fantasia ed è capace di generare piacere e incanto allo spettatore.
Tenero e saggio, sono due aggettivi con i quali Lupano definisce Giovanni Cotone.
Giorgio, chi è Giovanni Cotone?
Beh, è il protagonista di questa storia, tratta dal Romanzo di Fitzgerald, è un uomo che per tutta la vita non è mai al suo posto non sa mai qual è il momento giusto per fare le cose ma trova la sua maniera. Dopo aver cercato a lungo di fare resistenza alle apparenze in qualche modo si arrende “Chi sono io per dire agli altri di non essere quello che pensano che io sia” e proprio nel momento in cui Giovanni Cotone accetta la sua condizione, comincia a vivere, a godere di quegli anni in cui si realizza nel lavoro, si prende ciò che desidera dalla vita, si innamora.
Giovanni Cotone è tenero, in tutto il suo percorso affronta e racconta la complessità delle sue vicende con levità, nulla nel racconto di Fitzgerald è grave: anche le situazioni più dolorose sono affrontate con leggerezza e così anche nella rappresentazione teatrale. Questa sua condizione lo restituisce tenero. Lo spettacolo teatrale aggiunge una caratteristica, sul palco è anche saggio, dalla sua nascita, che lo vede nel corpo di un uomo di ottanta anni più incline a fumare il sigaro che a giocare con i soldatini, trottole e trenini, e non in maniera inferiore, anzi, è saggio quando pochi anni prima della fine della sua vita, al contrario, con l’aspetto di un bambino di quattro anni, si trova a giocare ai soldatini con suo nipote e dopo una vita piena e consapevole, nell’accettazione della sua condizione, dice: “oggi è bello giocare con soldatini, trottole e trenini”. È speculare la vita, ti guarda in faccia. Sono molto grato di aver fatto questo spettacolo.
Un’ora e quindici minuti sul palco, in un monologo, è stata la prima volta? cosa ti ha invitato a farlo?
La parola magica è INCOSCIENZA, posso affermare che è una buona dose del mio approccio a proposte professionali che mi entusiasmano e l’attitudine che mi spinge a tentare imprese, anche tra le più faticose. E sì, è stata la mia prima volta in un monologo, ho pensato che al punto in cui sono nel mio percorso professionale fosse il momento di sperimentarmi in questa opportunità. Tutto è iniziato quando Ferdinando Ceriani, il regista, mi propose di debuttare con questo testo in lettura
all’interno di una rassegna teatrale. In quella circostanza ciascuno dei personaggi era caratterizzato da un segno, un accenno nella fisicità e nel suono. Il testo è presto diventato irrinunciabile così ho proposto a Walter Mramor produttore con cui avevo già lavorato in Maratona di New York, Viktor Und Viktoria e Figli di un Dio Minore, l’idea di produrre il testo in forma di spettacolo teatrale e Walter ha deciso coraggiosamente di fare questa scommessa.
Da subito è cominciato un incredibile lavoro di squadra, per restituire credibilità alla storia Giovanni Cotone e ai personaggi che racconta. Ci siamo mossi nell’ottica di una onesta storia vera, nonostante sia plausibilmente assurda. “Giovanni Cotone è realmente esistito”, questo è stato l’assunto di partenza. In Fitzgerald il narratore racconta in terza persona, il nostro spettacolo fa del protagonista il narratore. Per mantenere l’ironia che traspare dal racconto è stato necessario rimodellare alcuni momenti del testo durante le prove chiaramente in accordo con Pino Tierno che ha curato l’adattamento e così sono emerse proposte da parte mia che si sono ben mescolate con le intenzioni registiche, insomma un appassionato lavoro di squadra.
Devo e voglio aggiungere che sulla scena con me, si sono alternate, nelle diverse repliche due bravissime danzatrici, Greta Arditi ed Elisabetta Dugatto.
Quelli che in una prima fase di lettura erano segni, di voce e del corpo, usati per differenziare tra loro i personaggi della narrazione, sono diventati fluide e sorprendenti caratterizzazioni nello spettacolo che ho visto a Roma, è tutto frutto del tuo denso bagaglio professionale ed esperienziale?
Dell’incoscienza (sorride), del bagaglio che mi porto dietro da un po’, e ci tengo a sottolinearlo, del lavoro fatto con Ceriani, che mi ha invitato a caratterizzare i personaggi oltre quello che inizialmente ritenevo “giusto” per me. Aprendo delle nuove possibilità che sono contento di aver sperimentato e indossato.
Lupano “Tenero e Potente”, so che sei stato definito così da molti che hanno visto e indagato lo spettacolo, ti riconosci in questa definizione?
È, ed è stato molto bello essere definito così, per riconoscimento professionale ma anche perché tenero è uno degli aggettivi che uno per definire Giovanni Cotone. La tenerezza è un sentimento spesso sottovalutato nelle rappresentazioni, nella narrazione di storie, che sia cinema o teatro ma è un sentimento potentissimo. Questa tenerezza è l’umanità di un personaggio che, per di più, vive la sua vita al contrario e ha profonde corrispondenze con l’umanità di chi vive la vita nella sequenza temporale conosciuta a tutti noi.
Giovanni Cotone va in un’altra direzione rispetto agli altri, per tutta la sua vita, tu vai in una direzione diversa da quella degli altri?
La condizione di Giovanni Cotone non è la scelta di andare contro, ma è una realtà prima di tutto materiale e biologica. Per molti l’andare contro è un modo di definirsi, in una parte della mia vita adolescente ho sicuramente avuto voglia di caratterizzarmi, distinguermi andando contro a qualche cosa ma credo che andare contro a prescindere non sia un modo di realizzarsi, penso sia importante prima di tutto perseguire i personali obiettivi a prescindere se siano allineati con la maggioranza o meno. Non c’è niente di male a far parte di una maggioranza.
Perché ostinarsi, lo dice anche Giovanni Cotone. “perché ancora una volta andare contro le apparenze, perché non assecondare gli altri?”
Nel momento in cui Giovanni accetta la sua realtà, cominciano gli anni migliori della sua vita. Accogli quello che viene, cercando di fare nel tuo meglio accettando quello che sei, e maggiormente come attori è necessario, quanto prima, essere consapevoli di quella che è la nostra figura nell’immaginario degli altri, la nostra immagine quando andiamo sulla scena, cosa vedono gli altri. Per fare del nostro meglio.
La ricerca è proprio dell’essere umano: il tempo, il suo trascorrere e quello trascorso in questo viaggio chiamato vita, sono corde che per tutta la durata dello spettacolo vengono fatte vibrare dalla profondità soave di Giorgio Lupano sulla scena, che indossa la saggezza e levità di Giovanni Cotone, muovendosi negli abissi del testo.
Un ringraziamento speciale a Franco Oberto per le fotografie dello spettacolo.
Carlotta Rondana