“Brain rot”, un neologismo della generazione zeta destinato a rimanere nella storia, e non solo per la sua ubiquità. È stato scelto infatti dal dizionario Oxford come “parola dell’anno”: un termine simbolico, utilizzato assiduamente durante l’anno, che condensa in sé stesso la mentalità generazionale e il pensiero collettivo.
“Brain rot”, la muffa cerebrale di cui parlano tutti
“Brain rot” è termine composito, che si può tradurre col significato collettivo di “marcio cerebrale”. L’immagine è quella di una deteriorazione, una sorte di infezione del cervello, che colpisce la mente e l’immaginazione fino ad occupare uno spazio fin troppo importante. Questa particolare deteriorazione deriverebbe dai social media, o meglio da un uso smodato di essi, che porta a ossessionarsi su tematiche e argomenti in maniera eccessiva.
A volte, per metonimia, sono i contenuti di poco interesse intellettuale causa di “brain rot” ad essere chiamati per primi con tale nome.
Il materiale mediatico che causerebbe la caduta nel brain rot è leggero, spesso di puro intrattenimento e privo di interpretazioni intellettuali, dalla comprensione facile, che attira l’attenzione in modo immediato. La cultura del “brain rot” si può ascrivere a piattaforme di media brevi, di immediato appeal e intrattenimento, di cui la più famosa è TikTok.
Un esempio comunemente citato di contenuto che causa il “brain rot” è la serie di video di YouTube «Skibidi Toilet», creata dall’animatore georgiano Alexey Gerasimov. La serie, animata in computer grafica, mostra una serie di scontri bellici tra due fazioni di creature fantastiche: i titolari “Skibidi Toilets”, un esercito di gabinetti dalla cui tazza sporge una testa umana dal lungo collo, e figure umanoidi con videocamere o televisori al posto della testa. La serie non ha una trama compiuta o sviluppo dei personaggi, e consiste unicamente in una serie di scontri tra i vari elementi delle fazioni. Estrema semplicità contenutistica, dunque, ma premiata con un successo mondiale.
Lunga storia di un neologismo
Nonostante la modernità della sua fama, l’accezione di “brain rot” possiede in realtà un background storico più che centenario. Il primo uso registrato di tale termine risale infatti al 1854 e porta la firma di Henry David Thoreau, autore di classici come «Disobbedienza Civile» e «Walden, ovvero La vita nei boschi». Proprio dalle pagine di «Walden» emerge la parola dell’anno.
«Walden» è un resoconto autobiografico, nel quale Thoreau racconta il periodo della sua vita intercorso tra il 1845 e il 1847. All’epoca egli aveva lasciato la vita cittadina e si era ritirato in una capanna presso il lago Walden, nel Massachusetts, allo scopo di rientrare in contatto con la natura e riabituarsi a una vita semplice, imparando ad apprezzare gli aspetti più semplici della vita. Il trattato, consistente in buona parte di descrizioni dell’ambiente del lago, incarna una filosofia ottimista sulla natura dell’uomo: artefice del proprio destino, libero dalle regole, contento di cose semplici.
L’idea di “brain rot” si collega dunque a questo ideale di semplicità, ma ribaltandone il senso: rappresenta un vero e proprio «nemico» dal quale rifuggire.
«Mentre l’Inghilterra» scrive Thoreau «si ingegna per curare il marcio della patata, nessuno si farà avanti per curare il marcio cerebrale [là scritto con il trattino, «brain-rot»] che prevale in maniera molto più larga e fatale?»
Qui Thoreau fa riferimento a un supposto declino cerebrale dei suoi contemporanei, che trascurano idee e sviluppi di progresso complessi e profondi in favore di sovrastrutture semplici, incapaci di stimolare la mente e arricchire il pensiero.
Le altre candidate: romantasy e demure
“Brain rot” è solo uno dei tanti neologismi che di recente hanno arricchito la lingua inglese.
Tra gli altri candidati di alto profilo come “parola dell’anno” spiccavano demure e romantasy. Il primo termine ha origine antiche, essendo stato registrato per la prima volta nel 1933. Derivate da parole in vecchio francese (demoure, “restare”, e mur, “severo”), si può tradurre in italiano come “modesto”, “ponderato” o “di carattere mite”. È stato popolarizzato nel 2024 dalla tiktoker Jools Lebron, che lo ha usato in un video virale per definire il suo atteggiamento.
Romantasy è invece una parola macedonia, che fa riferimento a un sottogenere letterario molto popolare di recente. Romanzi dalle ambientazioni fantastiche, ambientati fuori dal nostro mondo; nei quali a farla da padrone, prima degli intrighi politici o degli scontri di battaglia, è la storia d’amore della protagonista con uno o più uomini, di solito di specie soprannaturale.
Flaminia Zacchilli