«Non è stato Israele, ho dei dati certi» ha dichiarato ieri in conferenza stampa il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden a proposito dell’attacco all’ospedale di Gaza Al Ahli. Da Tel Aviv, dove il capo di stato ha incontrato il contestato primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, Biden ha risposto ai giornalisti che sarebbe stata «l’altra parte».
Ma, a due giorni di distanza dall’attacco che secondo Hamas ha ucciso quasi 500 persone, cosa sappiamo davvero?
Poco dopo le 21.00 di martedì in rete sono iniziati a circolare i video di esplosioni potentissime presso l’ospedale Al Ahli di Gaza e Hamas ha subito gridato alla strage. I corrispondenti di Al Jazeera, che erano presenti sul posto, mostravano un viavai costante di barelle con i corpi coperti da teli di plastica e di feriti in cerca di cure mediche. Tutto intorno: macerie e detriti di ogni genere di materiale. Su Twitter è apparsa una dichiarazione del portavoce digitale di Netanyahu, Hananya Naftali, che ha scritto: «Israele ha appena attaccato una base di Hamas all’interno dell’ospedale di Gaza…Un alto numero di terroristi sono morti…è devastante che Hamas lanci razzi da una base interna all’ospedale…». Quindi Tel Aviv ha rivendicato? Sembra di no, perché il il tweet è stato subito cancellato (ma lo screenshot è di facile reperibilità) e sostituito con uno di senso opposto.
Da oltre 24 ore la comunicazione di Naftali è inoltre incentrata alla denuncia di «atti terroristici» e «barbarici» da parte delle organizzazioni palestinesi. Dunque Israele, mentre tutto il mondo osservava incredula l’ecatombe, ha iniziato ad accusare la Jihad islamica, un movimento alleato di Hamas che ha partecipato agli assalti del 7 ottobre nei kibbutz israeliani. Per Tel Aviv si è trattato di un tentativo di attacco missilistico della jihad islamica palestinese fallito in partenza. Il missile sarebbe stato lanciato da Gaza e si sarebbe abbattuto su un parcheggio subito dopo. A conferma di questa tesi ieri l’esercito di Tel Aviv pubblica un primo video che mostrava il missile partire e ricadere subito esplodendo al suolo. Ma diversi analisti (debunker, come si dice in inglese) analizzano i metadati del filmato e scoprono che il video non è di quella sera, ma risale a molto tempo prima. Poco dopo le forze armate israeliane pubblicano un secondo video dove si vede chiaramente una salva di razzi partire, sempre da Gaza, e poi l’esplosione in un parcheggio. Quest’ultimo diventa fondamentale nella ricostruzione di Israele, che ne pubblica diverse foto aeree prima e dopo le esplosioni.
Nelle prime ore, tuttavia, si reputava che i video dell’esplosione non potessero essere comparabili per potenza e per portata dei danni a quelli del parcheggio. Inoltre come potevano morire quasi 500 persone in uno spazio così piccolo e senza una testata di grosso calibro?
Infatti, Hamas sostiene che si è trattato di un bombardamento aereo dell’aviazione israeliana. Sappiamo che l’aeronautica israeliana ha in dotazione bombe molto potenti, alcune addirittura da una tonnellata, che secondo esperti militari possono trapassare anche 2 metri e mezzo di cemento. Né Hamas né le altre formazioni palestinesi possiedono testate minimamente comparabili (senza contare la mancanza di un’aviazione, tutti gli attacchi dalla Striscia sono terra-terra). Ad oggi non abbiamo mai assistito a un attacco con una tale potenza di fuoco da parte delle formazioni palestinesi che, come sostengono analisti ed esperti, non possiede ordigni in grado di provocare danni così ingenti. Dunque, prima della mattinata di ieri, erano tutti abbastanza convinti della responsabilità israeliana, probabilmente anche chi dava credito alla versione israeliana.
Ma dove sono i resti dell’ordigno? Mostrarli al mondo eliminerebbe ogni dubbio e potrebbe porre fine a questo scambio di accuse immediatamente. Finora Hamas non li ha mostrati anche se Fawzi Barhoum, portavoce dell’organizzazione, ha dichiarato a Newsweek: «Hamas pubblicherà tutte le prove che confermano che questo massacro è stato commesso intenzionalmente da Israele e le presenterà alle giurisdizioni internazionali». Ma finché queste prove non sono mostrate le dichiarazioni di Hamas restano solo parole. Quasi in contemporanea Israele pubblica nuove foto scattate da droni di ricognizione. In queste immagini si vede un cratere di piccole dimensioni nel mezzo del parcheggio dell’ospedale chiaramente non attribuibile a un bombardamento da un caccia. Da Tel Aviv sostengono che è quello il reale punto di impatto della testata che ha provocato i morti di martedì sera. Ovvio che, se quest’ultimo punto dovesse essere confermato, ciò proverebbe solo che non è stato un F16 a sganciare l’ordigno. Un bombardamento aereo avrebbe provocato una voragine e un cratere di almeno ampio tra i 5 e i 9 metri, le immagini israeliane mostrano una buca provocata da un razzo di piccolo calibro. Quindi, ribadiscono gli israeliani, «è un loro missile».
In rete a quel punto si sono diffuse statistiche citate da tutti sul fatto che almeno un razzo di Hamas su 6 lanciati si schianta dentro la Striscia per qualche malfunzionamento. Come «prova definitiva» l’esercito israeliano pubblica un audio, che sostiene di aver intercettato poco dopo l’esplosione all’ospedale Al Ahli, nel quale un «terrorista» dice «il missile è il nostro, è caduto qui» e l’altro risponde «ma che sfortuna, proprio qui doveva schiantarsi». Al di là della bizzarra casualità con la quale questa conversazione viene estratta dal cilindro, lo storico corrispondente di guerra britannico Alex Thomson (Channel 4 News) sostiene che il suo canale ha fatto analizzare i presunti audio di esperti di Hamas da esperti e che sono falsi. «Le frasi sono costruite in modo strano, nessun palestinese parlerebbe così, si usano termini insoliti ed espressioni bizzarre» scrive Thomson. Ma molti la considerano la «prova definitiva». Anche se, dato che il video (e in generale i contenuti multimediali) si sono dimostrati falsi o facilmente modificabili, non si capisce come possa essere «definitivo» quest’audio. Semplicemente, sia da un punto di vista giornalistico sia da quello giuridico, non lo è.
È importante notare che anche se il cratere fosse di dimensioni molto più ridotte rispetto a ciò che ci aspettavamo, ciò non prova comunque chi sia stato. Potrebbe trattarsi anche di un attacco con un drone o un missile terra-terra di piccolo calibro. Inoltre, se, come dice Israele, i danni sono circoscritti al parcheggio dell’ospedale e non hanno toccato le strutture sanitarie resta da chiarire dove siano morte le 471 persone indicate da Hamas.
Sabato Angieri