Dall’inizio dell’anno la Moldavia sta attraversando un periodo di forti tensioni politiche e sociali. La storia recente del Paese ha determinato un coinvolgimento sempre maggiore di Chisinau nelle dinamiche internazionali legate al conflitto in Ucraina, soprattutto per la presenza, sul territorio nazionale delle enclave autonomiste della Gagauzia e della Transnistria. Entrambi i territori sono fortemente legati al passato sovietico della Moldavia e in anni recenti sono stati al centro delle cronache per i legami che le avvicinano al governo di Mosca. Tuttavia, mentre la Gagauzia nel 1994 è stata reintegrata pienamente sotto la giurisdizione del governo moldavo tramite un accordo che gli riconosceva un’ampia autonomia territoriale e amministrativa, in Transnistria la situazione è più complessa.
Dall’invasione russa dell’Ucraina si è più volte paventato il rischio che le forze separatiste della Transnistria, stimate intorno alle 1500 unità, magari spalleggiate da piccoli gruppi di militari russi, aprissero un altro fronte contro Kiev. Per qualche tempo si è temuto anche che le forze separatiste potessero organizzare il terreno per un eventuale sbarco dei reparti speciali russi di stanza nel Mar Nero. L’obiettivo in tal caso sarebbe stata la vicina Odessa, città simbolo dell’espansione russa a ovest nel XIX secolo e più volte menzionata da Vladimir Putin come «parte della Russia storica» che il capo del Cremlino sembrerebbe voler ricreare.
Al momento nessuno di questi scenari si è concretizzato ma, ciononostante, nel piccolo Paese est-europeo la situazione è tutt’altro che tranquilla. L’interruzione delle forniture energetiche dalla Russia, ad esempio, ha determinato un aumento dei prezzi delle bollette molto significativo e un successivo aumento del costo della vita che ha generato un’ondata di malcontento in tutto il Paese, non solo nelle regioni cosiddette filorusse. Forse anche per questo a inizio febbraio la premier Natalia Gavrilita si è dimessa dalla guida del Parlamento e al suo posto la presidente Sandu ha nominato Dorin Recean, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale. Una figura vicina ai servizi di Intelligence e all’esercito, nonché ex ministro dell’Interno, che ha chiesto la fiducia al parlamento in uno dei momenti più difficili degli ultimi anni. Pochi giorni prima un missile russo aveva sorvolato lo spazio aereo moldavo nell’ambito dell’ennesimo bombardamento massiccio alle città ucraine. Chisinau aveva subito confermato la notizia e «richiamato ufficialmente» l’ambasciatore di Mosca. Ma tra gli analisti c’è chi crede che non si sia trattato di una provocazione casuale. Le notizie secondo le quali ci sarebbe stato il rischio di un colpo di mano dei separatisti della Transnistria, smascherato dai servizi moldavi a fine gennaio, si sono rapidamente diffuse su tutte le testate europee all’inizio dell’anno. Tuttavia, la presidente Sandu e il nuovo primo ministro sono orientati molto più a ovest che a est e il quieto passaggio di consegne è stato interpretato come un ulteriore passo del Paese verso l’Occidente.
Poco tempo dopo, il 28 febbraio, centinaia di manifestanti provenienti da tutto il Paese sono arrivati nella capitale Chisinau per manifestare contro la crisi economica, l’attuale governo in carica e chiedere elezioni anticipate. La giornata di protesta è stata organizzata e promossa dal «Movimento per il popolo», una formazione che riunisce diverse sigle, tra cui il partito filo-russo «Sor». Forse i dirigenti del partito vicino alle posizioni del Cremlino non hanno particolarmente gradito la linea imposta in politica estera da Sandu che sta tentando di spingere progressivamente il Paese verso l’Ue e alla Nato. Infatti, i dirigenti del Sor, i quali durante la giornata di disordini erano presenti alla testa del corteo che ha attraversato le strade di Chisinau, urlando slogan contro il governo e chiedendone le dimissioni immediate. «Chiediamo elezioni anticipate» aveva dichiarato, ad esempio, Vadim Fotescu, un parlamentare di Sor, «è il governo a dover pagare le bollette ai cittadini, dato che sono aumentate più volte per colpa delle autorità». Ma dietro lo spauracchio del caro-vita, per il quale è stata ufficialmente convocata la manifestazione del 28, c’è una ragione ulteriore. «Chiediamo anche che venga osservata la neutralità, come è scritto nella costituzione, in modo che il nostro Paese non sia trascinato in operazioni di guerra» aveva aggiunto Fotescu.
Durante lo svolgimento della manifestazione una parte dei manifestanti si è staccata dalla maggioranza del corteo e si è diretta verso il parlamento, dove ha tentato di fare irruzione. Tuttavia, a differenza di Capitol Hill e di Brasilia, i carabinieri moldavi erano pronti e non si sono lasciati scavalcare. O, forse, i loro capi non simpatizzavano con i rivoltosi come è accaduto altrove e il bilancio a fine giornata è di decine di fermati. Dopo essere stati respinti davanti al parlamento, diversi gruppi di manifestanti si sono diretti al palazzo del municipio, ma anche lì si sono trovati di fronte uno schieramento consistente di forze dell’ordine e l’assalto non è riuscito. Secondo uno dei partiti fedeli alla presidente Sandu, il Partito d’Azione e Solidarietà, i disordini sarebbero frutto di un «disegno» volto a «destabilizzare la situazione del Paese».
La situazione è tornata a precipitare quando, il 9 marzo, i filorussi della Transnistria hanno accusato i Servizi segreti ucraini di aver tentato l’omicidio del presidente della giunta separatista, Vadim Krasnoselsky. I media locali e quelli russi hanno subito diffuso la notizia che l’Sbu (l’intelligence di Kiev) avrebbe tentato di eliminare il principale alleato di Putin nella regione a ridosso del confine con l’oblast di Odessa al fine di prenderne il controllo. Tuttavia, l’Sbu stavolta ha risposto pubblicamente e in tempi molto brevi che «qualsiasi dichiarazione della cosiddetta Repubblica popolare di Transnistria sul coinvolgimento dell’Sbu nella preparazione di un attacco terroristico deve essere considerata esclusivamente come una provocazione orchestrata dal Cremlino».
TV8, un sito di informazione moldavo, aveva riportato che i funzionari della Transnistria hanno dichiarato di aver arrestato diversi sospetti, tra i quali un individuo nato a Tiraspol, la capitale della piccola regione separatista, e trasferitosi a Odessa diversi anni prima. Secondo queste fonti il complotto terroristico prevedeva l’uso di un suv imbottito di un’ingente quantità di esplosivo che avrebbe dovuto lanciarsi contro il convoglio sul quale viaggiavano Krasnoselsky e il suo entourage. Stando alle ricostruzioni effettuate, il carico di esplosivo era talmente significativo da poter provocare danni nel raggio di diverse centinaia di metri. Il presunto attentato sarebbe soltanto una delle «prove», secondo la ricostruzione dei separatisti transnistriani, che l’Ucraina, la Moldavia o la NATO «stanno preparando un attacco alla Transnistria». Gli ucraini, dal canto loro, sostengono che si sia trattato di un’operazione di facciata volta a creare un pretesto per l’invasione russa della Moldavia o la destabilizzazione del suo governo. Del resto, non è sfuggito ai commentatori più attenti che poche circa due settimane prima, il 23 febbraio, il ministero della Difesa di Mosca aveva dichiarato che le forze di Kiev stavano preparano una provocazione in Transnistria per mezzo di soldati ucraini travestiti da soldati russi. Il che, in questi tempi difficili di propaganda e campagne mediatiche massicce è stato considerato da alcuni come la prova che Mosca sospettasse qualcosa e da altri come una messa in scena.
Tra i leader europei la questione moldava non è considerata in cima all’agenda ma non si perde occasione per plaudere al cambio di indirizzo estero di Chisinau. Il presidente francese Emmanuel Macron, ad esempio, ha dichiarato che durante una telefonata con la presidente Sandu: «ho espresso il sostegno della Francia alla Moldavia, l’impegno ad accompagnarla nella sua vocazione europea, a fronteggiare i tentativi di destabilizzazione come le conseguenze della guerra in Ucraina».
Nell’attesa di nuovi sviluppi, ciò che conta di più è il contesto generale. La guerra in Ucraina ha fatto emergere molte tensioni sopite ai confini dell’area di influenza russa e la Moldavia è uno dei terreni dove questo conflitto (per ora solo ideologico) tra il vecchio e il nuovo rischia maggiormente di radicalizzarsi.
Sabato Angieri