Il gruppo jihadista e anti-governativo Hayat Tahrir al Sham (traducibile con “Comitato per la liberazione della Siria”), guidato da oltre un decennio da Abu Mohammad al Jolani, è alla testa delle milizie che hanno conquistato Aleppo, nel nord del Paese e stanno tentando di avanzare verso le altre grandi città.
Breve storia dell’HTS
L’ Hayat Tahrir al Sham, inizialmente noto con il nome di Jabhat al Nusra, nacque come costola siriana di Al Qaeda in seno alle proteste per rovesciare il regime di Assad nel 2011. Di orientamento sunnita e ultra-ortodosso, il gruppo ha combattuto insieme ad altre formazioni fondamentaliste per prendere il controllo della Siria e instaurare un governo basato su una rigida interpretazione della Sharia, la legge islamica. Al massimo della sua espansione Jabhat al Nusra controllava un ampio territorio nel nord-ovest del Paese, comprese le città di Aleppo e Idlib. Nel 2012 Usa, Ue e la maggior parte degli stati occidentali l’hanno designato come «organizzazione terroristica». La prima scissione in seno a JaN avviene nel 2013, quando il “califfo” dello Stato Islamico, Abu Bakr al Baghdadi, tentò di sottometterlo al suo controllo. A quel punto una corrente maggioritaria guidata da al Jolani si oppose, dichiarando la propria fedeltà ad al Qaeda. Ne seguirono diversi scontri armati per l’egemonia sulle regioni controllate. Dal 2014 la situazione iniziò a peggiorare per i gruppi jihadisti. Da un lato i reparti a guida curda delle Sdf (Forze Democratiche Siriane) e dall’altro le forze governative supportate dalla Russia e dall’Iran iniziarono a riconquistare terreno, cacciando progressivamente i fondamentalisti da Homs, Aleppo, Hama, Daraa e relegandoli in piccole aree nel nord del Paese. Dal 2017 Jabhat al Nusra ha assunto il suo nome attuale e ha tentato di proporsi come forza più moderata, interrompendo i legami con al Qaeda e mostrandosi più tollerante nelle aree sotto il suo controllo (autorizzando, ad esempio, la riapertura delle chiese cristiane). Secondo diversi analisti occidentali, tuttavia, questa svolta moderata è da imputare a un mero calcolo politico volto ad accreditarsi come forza di governo affidabile agli occhi dei vicini mediorientali e del mondo occidentale.
Composizione dell’HTS
L’Hts è un gruppo composto da membri provenienti da esperienze diverse ma uniti dal credo sunnita e dal passato da miliziani anti-governativi. Ex qaedisti e tagliagole dell’Isis, fuoriusciti di altre formazioni sunnite disciolte o diventate minoritarie. Attualmente nelle sue fila militano anche molti mercenari sostenuti indirettamente dalla Turchia e altre formazioni islamiste del Caucaso e dell’Asia minore, accomunati da un forte sentimento anti-russo, oltre agli uiguri della regione cinese dello Xinjang. (Fonte Sabato Angieri, L’Espresso)
Alleati dell’Hts
Al fianco dell’HTS il gruppo più grande è Jaysh al watani (Esercito nazionale siriano). Si ritiene che Jaw è stato fondato con il supporto dei servizi militari turchi, che tuttora lo riforniscono di armi ed equipaggiamento.
Altre forze in campo
SDF (Forze democratiche siriane), guidate dai curdi e sostenute dagli Stati Uniti, stanno cercando di evacuare i curdi in alcune zone di Aleppo verso aree sicure: lo ha reso noto oggi in un comunicato il capo delle Sdf, Mazloum Abdi. «Stiamo coordinandoci attivamente con tutte le parti interessate in Siria per
garantire la sicurezza della nostra gente e facilitare il loro trasferimento sicuro… nelle nostre aree sicure nel nord-est del Paese», si legge nella nota. Secondo alcune stime, circa 200.000 curdi siriani sono assediati dalle fazioni filo-turche che hanno preso il controllo della città di Tal Rifaat e dei villaggi vicini. Da parte sua, l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede in Gran Bretagna, ha notato che le comunicazioni sono state interrotte nelle aree a maggioranza curda, sollevando il timore di possibili «massacri» di curdi.
Esercito regolare
Debole e male armato. Finanziato ed equipaggiato in parte dalla Russia. I generali dovrebbero essere fedeli ad Assad, ma finora non hanno mostrato particolare efficacia nella lotta contri le formazioni ribelli.
Russi
Nel 2014-15 i russi sono intervenuti pesantemente in Siria per permettere ad Assad di recuperare il suo potere contro i ribelli jihadisti. Le forze russe hanno anche una significativa presenza militare nel Paese: detenevano il controllo dell’aeroporto militare e della base di Sqeilibye, sul fiume Oronte, ma sono state costrette a ritirarsi e controllano tuttora l’importante base navale di Latakia, lo sbocco sul Mediterraneo di Mosca. I bombardamenti russi stanno aiutando l’esercito regolare a fermare i ribelli jihadisti nei pressi del grande centro di Hama.
Iran
Gli Ayatollah supportano il regime di Assad. Attraverso la Siria, passando per l’Iraq, si rifornisce Hezbollah in Libano. Alcune milizie sciite sono state inviate dall’Iraq per aiutare le forze armate di Teheran.
Israele
Israele vuole indebolire il fronte sciita e sottrarre la Siria all’influenza dell’Iran. Inoltre, con un cambio di governo in Siria, Hezbollah non potrebbe più ricevere armi via terra e ne risulterebbe molto indebolito.
Turchia
Ci sono diversi report sul fatto che Ankara supporta e finanzia alcuni dei gruppi jihadisti anti-governativi in Siria. Ad accomunarli il credo sunnita, opposto allo sciismo di Hezbollah, delle forze irachene e degli Atatollah. In questo scenario l’obiettivo principale di Erdogan sono le formazioni curde, che dopo la restaurazione di Assad hanno ottenuto vari territori dei quali sono stati di fatto amministratori negli ultimi anni. Sembra anche che la Turchia abbia favorito il ritorno di fuoriusciti dell’Isis in Siria per combattere contro i curdi e gli sciiti filo-iraniani.
Il Protocollo di Astana
Dal 2016 Iran, Turchia e Russia hanno dato vita al «Formato Astana», una serie di incontri per tentare di trovare una soluzione alla crisi siriana, ma la Turchia per ora si è limitata a dichiarazioni diplomatiche di facciata, forse nella speranza di sviluppi militari favorevoli.
Usa
Gli Stai Uniti hanno ben 8 basi militari in Siria, per un totale di circa 1100 uomini. Nonostante gli Usa siano l’alleato di ferro di Israele e siano interessati a sottrarre influenza all’Iran, non vorrebbero aprire un nuovo scenario di scontro diretto sul territorio siriano. Soprattutto non vorrebbero mettere a rischio i propri uomini.