Il 10 settembre un uragano si è abbattuto sulle coste della Libia orientale con piogge torrenziali e forti venti. La portata delle precipitazioni ha causato il collasso della diga di Al-Bilad, che ha riversato una cascata di acqua e fango nell’invaso di una seconda diga, più grande, ad Abu Mansour. L’enorme massa d’acqua si è così riversata a valle investendo in pieno la città di Derna e causando migliaia di morti.
Sul sito “www.ilmeteo.it” si legge quanto segue:
“Ma cosa ha scatenato questa catastrofe?
Facciamo un passo indietro. Tra il 4 e il 7 Settembre un sistema stazionario di bassa pressione (ciclone) ha causato piogge estreme e alluvioni in Grecia, Bulgaria e Turchia. La depressione, in seguito, si è spostata verso il Nord Africa. Indebolendosi, certo, ma solo temporaneamente. Complici le temperature ancora molto elevate del Mediterraneo, infatti, essa si è nuovamente rafforzata, trasformandosi poi in un Uragano Mediterraneo, il cosiddetto Medicane (MEDIterranean hurriCANE) che il 10 Settembre ha raggiunto le coste libiche con piogge torrenziali e forti venti.
Il Servizio meteorologico locale ha fornito una sintesi dei valori misurati durante il passaggio della tempesta, denominata Daniel. Stando al rapporto, sono caduti tra i 150 e i 240 millimetri in 12 città della costa orientale, fra cui Bengasi. Ad Al-Bayda sono state registrate le precipitazioni più abbondanti (414,1 millimetri). Le raffiche di vento hanno toccato i 70-80 km/h, ma queste misurazioni non corrisponderebbero alle analisi delle mappe meteorologiche. Ovvero, sarebbero sottostimate.
La devastazione è stata totale con città completamente sommerse dalle inondazioni, ponti distrutti, dighe crollate, come possiamo vedere dalle immagini qui sotto. Pensate, si tratta infatti di un quantitativo di pioggia che solitamente cade in 2 anni, concentrata invece in sole 24 ore.
Una volta la frequenza di eventi di questo tipo era ogni 10 anni (se non di più), ora invece ne registriamo anche 2 o 3 ogni anno (il primo del 2023 già a Gennaio in alto Adriatico).
La formazione di queste temibili macchine atmosferiche richiede generalmente temperature dell’acqua del mare molto calde; 26°C è la soglia ufficiale per lo sviluppo di un ciclone tropicale. Quest’Estate, le ondate di calore da record nel sud Europa hanno riscaldato abbondantemente le acque. Il Mediterraneo meridionale registra ancora temperature del mare nell’intervallo 25-28°C, localmente anche 30°C. La caratteristica essenziale di questo tipo di fenomeni è il “cuore caldo” (warm core in termine tecnico), ben presente soprattutto nei bassi strati (850 hPa, circa 1450 metri), con temperature di oltre i +2°C +3°C (se non di più) rispetto all’ambiente circostante”.