Le elezioni in India sono profondamente influenzate dalla religione: per capire fino a che punto, abbiamo intervistato un prete cattolico indiano.
Thomas Joseph, conosciuto anche come Padre Tibin, è un giovane prete cattolico nato nello stato del Kerala (Sud dell’India), che dopo essere stato in alcune diocesi all’estero, si è trasferito in Italia nel 2019, dove studia all’Università Gregoriana.
Con lui abbiamo parlato della religione nel suo Paese e del ruolo cruciale che riveste in queste elezioni. Lo ringraziamo per la sua testimonianza e per il tempo che ci ha dedicato.
Come sei arrivato a diventare un prete cattolico in India?
“Sono nato nel Sud, in Kerala, uno dei 28 Stati attualmente esistenti in India. In Kerala possiamo trovare tanti cristiani, perché prima era una colonia europea, c’erano tanti portoghesi e inglesi. Anche io sono un cristiano cattolico, tutti i miei familiari sono cattolici. Il 22 d. C. uno dei discepoli di Gesù, Tommaso, arrivò in India e battezzò alcuni indù. Così nacque la cosiddetta Chiesa di San Tommaso, della quale anche io faccio parte.
Con i miei familiari andavamo insieme, ogni giorno e ogni domenica, in chiesa per pregare. Poi, a 15 anni, sono entrato in seminario nella nostra diocesi, ho fatto 12 anni di seminario, e a 27 anni sono diventato prete. Ho lavorato per due-tre anni nelle parrocchie in India, era il 2017-2018, e poi il mio vescovo mi ha mandato a studiare a Roma, perché da voi ci sono molte università cattoliche, mentre in India ce ne sono solo due-tre nel Sud. Ho avuto una borsa di studio e sono andato a studiare all’Università Gregoriana, dove sto svolgendo un dottorato in Storia”.
Quando sei entrato in contatto per la prima volta con un’altra parte del tuo Paese?
“Quando ho frequentato l’università, studiando teologia e filosofia, nel Nord dell’India. Nel Nord sono quasi tutti induisti, il mio superiore mi ha mandato lì per farmi vivere un’esperienza. Al Nord sono entrato in contatto con molte persone. Al Sud c’è molta ricchezza e il livello di vita è alto, ma a Nord non è così. Loro studiano poco. Capita di vedere molti senzatetto, si studia solo 3-4 anni, i bambini lavorano nelle fabbriche”.
Come hai vissuto quest’esperienza, contrasto religioso incluso?
“Le persone povere erano molto gentili, mi chiamavano sempre “Padre” e mostravano reverenza. Ci invitavano nelle loro case, parlavano con noi. Quando ero in seminario, la domenica andavamo nel villaggio. Ogni villaggio ha una piccola scuola, alla quale i bambini vanno il sabato.
Noi gli insegnavamo a scrivere in inglese e in hindi, perché loro non sanno farlo nemmeno nelle loro madrelingue”. Allo stesso modo, aiutavamo anche gli anziani. Non volevamo invitare tutti a convertirsi alla nostra religione e comunque loro non volevano diventare cristiani. Noi ci limitavamo ad aiutarli a migliorare il loro livello di vita e di istruzione. Il lavoro fatto dai cristiani nel Nord ha aiutato ad innalzare la qualità della vita in questa zona: se ne parla sempre poco.
Sebbene noi non potessimo parlare della nostra religione, c’erano molte persone che volevano venire in chiesa per pregare. Quando noi celebravamo la Santa Messa e mettevamo in mostra un’immagine della Madonna, loro venivano comunque a pregare davanti a questa immagine. E la vestivano con abiti indiani, al punto che a volte la scambiavamo per una divinità hindu.
Questo succedeva anche alle feste: l’8 settembre noi festeggiavamo il compleanno della Madonna e loro venivano a mangiare con noi. Per noi non è un problema farli entrare nella Chiesa, mentre gli induisti non ci accolgono nei luoghi sacri.
A Natale facciamo una rappresentazione teatrale sulla nascita e la vita di Gesù. Oggi, nella maggior parte dell’India, si sa chi è Gesù. Abbiamo tante scuole, ospedali, case di riposo per anziani, in cui lavorano cristiani provenienti dal Sud. Io ero molto contento di stare al Nord, perché lì erano tutti contenti di ospitarci”.
Che percezione hai avuto a livello politico del Nord dell’India?
“A Nord, quando noi andiamo in un villaggio, loro sanno che non siamo induisti ma cristiani e hanno paura che noi insegniamo a loro la nostra religione. Possiamo trovare in ogni villaggio due persone, facenti capo al BJP di Modi e all’alleato RSS (Rashtriya Swayamsevak Sangh, ndr), che controllano quello che facciamo.
I membri dell’RSS compiono azioni terroriste, anche se è vietato chiamarli terroristi in pubblico. Loro e il BJP sono induisti e non vogliono altre religioni. Inoltre vogliono cambiare il nome all’India: India è un nome di derivazione occidentale, quindi loro vogliono ribattezzarla Bharath, nome fortemente connesso con l’induismo”.
Insomma: da parte dei vertici induisti c’è la paura della conversione al cristianesimo. Pensi che questo timore sia legato anche ai trascorsi coloniali dell’India?
“Sì. In uno Stato indiano che si chiama Chhattisgarh, al Nord, c’erano tante tribù. Tanti occidentali, europei, sono andati lì e anche oggi ci sono tanti cristiani. Il cristianesimo in quella zona dovrebbe essersi sviluppato intorno al 1920-1930, prima dell’Indipendenza e anche dopo.
Anche a Nord Est parlano sempre inglese, non hindi, e sono facilmente distinguibili: sono molto più chiari rispetto agli altri indiani. Sono un gruppo di tribù di 7 Stati e prima volevano diventare una nazione a parte. Oggi anche qui si possono trovare molti cristiani: Calcutta, da cui viene Madre Teresa, è da questa parte”.
Alcuni Stati vogliono il nostro lavoro. In Kerala ci sono tante persone istruite, il 60% è ricco e il 40% è povero. Dove c’è una chiesa c’è anche una scuola: chiesa, nella mia lingua, si chiama palli; la scuola è pallikoodam, che significa letteralmente “casa vicino alla chiesa. Questa scuola non è solo per i cristiani: vengono anche induisti e musulmani”.
Quali sono le percentuali delle varie religioni in India?
“I cattolici sono meno del 2%, i musulmani sono il 27%. Una volta i cristiani erano circa il 3% e i musulmani una percentuale simile. Gli induisti sono il 70-80%, poi ci sono sikh (meno di 1%, con uno Stato tutto per loro: il Punjab), parsi e buddhisti, concentrati nello Stato dell’Uttar Pradesh. Una volta i parsi una volta erano tanti, oggi sono 4.000-6.000 e vivono nel Maharashtra e a Mumbai. In Kerala c’è anche il giudaismo”.
Quale partito sostieni, da cattolico?
“Nel 2019 ho partecipato al voto e poi sono venuto in Italia. In Kerala non c’è il BJP, ed è per questo che nel nostro Stato non abbiamo membri del Parlamento. Abbiamo tre partiti maggiori: l’Indian National Congress, il Communist Party of India (CPI) e il Communist Party of India (Marxist) (CPIM, ndr). I comunisti marxisti non credono, negano l’esistenza di Dio, non gradiscono i preti cattolici.
Nell’INC c’è un piccolo gruppo, il Kerala Congress, nel quale lavorano tanti cristiani. Noi supportiamo il Kerala Congress. Nel 2019 ho votato per loro, ma dopo due anni questo partito ha avuto un problema con l’Indian National Congress e gli è stato tolto il supporto. Oggi, in Kerala, noi non sappiamo più chi votare.
Inoltre, in Kerala c’è un problema con i musulmani. Alcune persone del Kerala si sono unite all’ISIS: per questo noi abbiamo paura che l’ISIS penetri anche nel nostro Stato. I musulmani sono cresciuti tanto, nella parte nord di Kerala, e supportano sia l’Indian National Congress, che li tutela, che i partiti comunisti.
Io sono in dubbio. Mio padre, e tutta la mia famiglia, hanno sempre votato il Congress. Abbiamo la foto di tutti i Gandhi a casa (ride)”.
Come si pone il BJP rispetto al Sud e al Kerala?
“In queste elezioni, il BJP vuole che almeno una persona vada in Parlamento dal Kerala, ma nessuno vuole. Tutti i membri del BJP sono passati anche dall’RSS, un gruppo che ha ucciso missionari, anche nel Nord. Sono il corrispettivo dell’ISIS per l’induismo, e sono contraddistinti dal simbolo di una bandiera arancione, che è il colore dell’induismo ed è il primo colore della nostra bandiera. Finché non si parla di religione, la convivenza è pacifica”.
Secondo te se vincesse Modi, che cosa succederebbe a livello sociale e religioso in India?
“Ci sono 543 posti in Parlamento: nel 2019, ne hanno vinti 400. Contro di loro, c’erano solo 143 parlamentari: questo è un numero troppo basso, è pericoloso. Se il partito di opposizione si aggiudica più seggi, va bene. Questa volta, loro vogliono vincerne almeno 500.
Cosa accadrebbe? Come prima cosa, non permetterebbero ai musulmani e ai cristiani di restare. Loro non vogliono dare sussidi e aiuti di Stato a musulmani e cristiani. Noi abbiamo tante scuole al Nord, ma loro non ci permettono di fare nulla: tutto l’aiuto lo danno alle scuole induiste per bramini.
Un altro problema è rappresentato dal RSS, che cerca il conflitto con noi: e nessuno ci protegge, perché la polizia sta con il BJP di Modi. Secondo me, il livello di vita negli ultimi 10 anni un po’ è aumentato, in India. Ora abbiamo i treni veloci, ma una volta non era così: per arrivare al centro dell’India dal Kerala ci volevano due giorni di treno, con ritardi di 8-10 ore. Anche la vita della gente è un po’ migliorata.
Questo è buono: il BJP ha fatto un po’ di cose, non solo Modi. Però tutti noi, cristiani e musulmani, abbiamo paura perché l’RSS ci prende di mira per litigare. Ci dicono: ‘Venite dall’Occidente, non siete indiani, dovete andare in Europa’. Ci chiamano “father”, in inglese. Rivendicano di essere loro i veri indiani”.
Thomas, chi è che vince queste elezioni?
“Il BJP, questo è sicuro: ha il 70% di possibilità di vincere. Uno dei problemi del Congress è l’assenza di un leader: prima c’era Rajiv Gandhi, il marito di Sonia Gandhi, ma l’hanno ucciso. C’è il figlio, Rahul Gandhi, che mi piace tanto. Se il Congress vince, questa volta, lui diventa il nostro primo ministro. È giovane (53 anni, ndr) ed è una brava persona: vorrei che fosse lui a diventare primo ministro.
In generale, quando voto, io guardo alla persona e non al partito. Che cosa ha fatto quando è andata al potere? Ha lavorato per la gente? Mi piace il Congress, ma anche alcune persone del BJP. Loro mi sono contro, ma io non guardo al loro partito”.
Mi puoi fare qualche nome di membri del BJP che stimi?
“Una è Radhi Gopal, che ora è anziano e non fa più niente ma è una brava persona. Anche a Thrissur, in Kerala, ho conosciuto un candidato, Suresh Gopi: è un ex attore che fa tante cose per la gente. Questo è molto importante”.
Tu voterai a queste elezioni?
“Non posso votare da qui, perché non si può votare a distanza. Non è vacanza, quindi non posso tornare in India per votare”.