“Ogni bambina e ogni bambino ha il diritto di ricevere cure amorevoli e sicure all’interno di famiglie e comunità e di accedere a servizi di assistenza psicosociale.” – (Articolo 24-25 Convenzione ONU sui diritti dell‘infanzia e dell‘adolescenza)
Nella Giornata Mondiale della Salute mentale, che ricorre il 10 ottobre, si accende l’attenzione su un fenomeno che preoccupa molte famiglie tutto l’anno: il malessere giovanile che risente ancora degli strascichi della pandemia. E che ha delle conseguenze preoccupanti anche sul futuro dei nostri ragazzi. Il fenomeno, in quanto strutturale, andrebbe analizzato in modo sistematico, senza cedere alla “retorica emergenziale”. è quello che auspica la campagna “Non sono emergenza” dell’impresa sociale Con i bambini, promossa dall’Osservatorio Povertà Educativa di Openpolis.
I dati statistici che la campagna propone si riferiscono all’indice di misura del disagio psicologico elaborato dall’Istat nell’ambito degli indicatori sul benessere equo e sostenibile (Bes) e basato su un questionario atto a misurare le quattro dimensioni principali della salute mentale: ansia, depressione, perdita di controllo comportamentale o emozionale e benessere psicologico.
Dai dati appare chiaro come la lenta ripresa che si era avuta nel 2022 ha subito un calo nel 2023: non solo l’indice di salute mentale dei giovani tra i 14 e i 19 anni è peggiorato e ha raggiunto il 71, rispetto a 72,6 registrato nel 2022. Il dato si distacca dal resto delle fasce d’età, segno che il disagio è concentrato tra i post-adolescenti.
L’unica (triste) certezza è il gender gap
Nelle statistiche sul disagio psichico sono le donne ad avere la peggio: la differenza di genere a svantaggio femminile si osserva a tutte le età, ma è particolarmente accentuata tra i più giovani e tra i più anziani. Nel 2023, in questi gruppi il divario di genere raggiunge i 7 punti: l’indice di salute mentale è di 67,4 tra le coetanee, contro il 74,3% dei ragazzi, sempre nella fascia d’età 14-19 anni.
Tra i fattori endogeni di rischio per il benessere psicofisico dei minori, secondo un’indagine promossa dall’autorità garante per l’infanzia (Agia) insieme all’Istituto superiore di sanità (Iss) c’è il contesto familiare. Anche tra i giovani che sostengono di poter contare sul supporto delle famiglie c’è un vistoso gap tra le ragazze, con dati che raggiungono il 42% in certe regioni (fanalino di coda il Veneto) e i ragazzi con una percentuale del 52% e ben dieci punti percentuali di differenza.
Un segnale particolarmente allarmante riguarda la scuola, tra i fattori di integrazione sociale più importanti, nonché luogo in cui i ragazzi passano la maggior parte del tempo fuori casa, per l’impatto che ha sul benessere psicofisico dei giovani.
“Circa il 60% degli studenti intervistati dichiara di sentirsi molto o abbastanza stressato dalla scuola, una quota cresciuta rispetto alla precedente rilevazione del 2017/18” dichiara Openpolis. “La percentuale varia rispetto ai territori, all’età e al genere degli studenti. Non raggiunge il 50% in provincia di Bolzano (40,6%) e in Calabria (49%), mentre supera il 62% in Veneto e Valle d’Aosta. Il picco massimo tra le ragazze 15enni: quasi l’80% dichiara di sentirsi abbastanza o molto stressata dall’impegno scolastico (60,2% tra i coetanei maschi)”.
D’altra parte tra i 15enni solo il 61,8% si sente accettato dagli insegnanti, e poco più di uno su 3 (35,4%) percepisce un interesse da parte dei docenti. Due su 3 (66,6%) si sentono accettati per come sono dai compagni di classe.
Più della metà di loro, inoltre, non si sente compreso dagli adulti.
Le rilevazioni dell’Istituto superiore di sanità sono particolarmente importanti per inquadrare il fenomeno anche dal punto di vista geografico e socio-economico: grazie ai dati della ricerca sappiamo che l’uso problematico dei social media, altro elemento strettamente connesso alla salute mentale, è più frequente tra i giovani che provengono da famiglie a basso status socioeconomico e per lo più tra le regioni del mezzogiorno.
Ma come viene delineato – senza allarmismi o atteggiamenti paternalistici – l’uso dannoso dei social?
Secondo la metodologia del rilevamento i trigger da tenere in considerazione sono: l’ansia di accedere ai social, la volontà di passare sempre più tempo online, sintomi di astinenza quando offline, fallimento nel controllo del tempo, trascurare altre attività, liti con genitori a causa dell’uso, problemi con gli altri, mentire ai genitori, usare i social per scappare da sentimenti negativi.
Dal campione intervistato per la campagna “Non sono emergenza”, 100.000 giovani (il 2,5%) risultano a rischio dipendenza da social media e aumentano tra le famiglie più economicamente svantaggiate. In generale, la percentuale allarmante dei minori che vivono in condizioni di povertà assoluta nel 2023, il 14% è il dato peggiore della serie storica dal 2014, un dato che non può non avere un impatto sulla condizione di equilibrio e stabilità psicosociale dei giovani.
La soluzione è nelle reti di supporto
Rispetto agli ultimi anni caratterizzati dalla pandemia, rispondono Iss e Agia nella loro ricerca, “per quanto riguarda il mondo educativo, hanno agito quali fattori protettivi esogeni, la presenza nelle scuole di attività particolarmente stimolanti (ad esempio, laboratori per i bambini con bisogni educativi speciali); la formazione di insegnanti e alunni; l’attivazione di servizi extrascolastici volti a offrire occasioni di socialità anche attraverso lo sport”.
Per contrastare il triste fenomeno servirebbe prima di tutto un adeguamento delle strutture sanitarie: ma l’ultimo Annuario Statistico del Ministero della Salute (2022) conta 413 posti letto in strutture residenziali e semiresidenziali dedicati alla neuropsichiatria infantile, a fronte dei 700 necessari secondo gli esperti. Un numero insufficiente se si considerano i 2773 accessi in pronto soccorso dei minori con disturbi del comportamento alimentare.
Il segnale che una rete sociale fatta di attività, laboratori e di collegamento e confronto con l’esterno sia necessaria ce lo dà l’aumento del volontariato tra i giovani, dato raddoppiato in un anno, oltre alle preoccupazioni dei ragazzi per il futuro: l’interesse per la crisi climatica supera di gran lungo la consapevolezza degli adulti in merito.
Nel frattempo gli sportelli d’ascolto psicologico nelle scuole sono di competenza regionale e il fondo di 40 milioni che aveva fatto salire a quota 70% le scuole che prevedevano lo psicologo d’istituto durante la pandemia non viene erogato da 2 anni. Rimaniamo pertanto l’unico paese in Europa a non avere l’obbligatorietà dell’assistenza psicologica a scuola.
Per quel che riguarda il bonus psicologo (comunque insufficiente), la copertura inserita nella legge di bilancio si aggira sui 10 milioni di euro, capace di coprire 16.000 richieste, a fronte delle 400.000 domande presentate lo scorso anno.
Non proteggere la salute mentale di bambini e adolescenti è minare il futuro del paese. La ricerca della felicità è, prima di tutto, un diritto dei giovani.
Angela Galloro