Dalla Casa Bianca arriva l’annuncio della formazione che si esibirà per l’inaugurazione di Donald Trump, vincitore delle quarantasettesime elezioni presidenziali degli Stati Uniti.
Se nel 2016 Trump aveva riscontrato grandi difficoltà a trovare ospiti disposti ad apparire in pubblico, con artisti come Elton John, Rebecca Ferguson, Andrea Bocelli e i Beach Boys contattati con risposta negativa, la sua formazione per quest’anno appare molto più ricca. E alcuni degli ospiti lasciano i fan senza parole.
Il raduno “MAGA”: l’amico Kid Rock e i “traditori” Village People
Il 19 gennaio si terrà l’evento inaugurale della cerimonia, un raduno a tema “Make America Great Again”. Il primo ospite era previsto da tutti gli appassionati: Kid Rock, cantante country-rock vocalmente appassionato dell’ex presidente.
Kid Rock, al secolo Robert Ritchie, si è costruito attorno un personaggio provocante, immaturo e volgare. Nel 2022 pubblica l’album Bad Reputation, che si apre con un singolo in cui urla un vaffanculo alla sinistra e ai “millenial” offesi da ogni cosa. Seguito da un altro singolo in cui manda a quel paese Joe Biden e il dottor Anthony Fauci, invita a chiudere i confini per proteggere l’America dal coronavirus, definisce la nuova generazione “mentalmente malata” e invoca l’immagine di Kyle Rittenhouse, che a diciassette anni si è reso artefice di una sparatoria.
In un’intervista per Rolling Stone definisce Donald Trump “il suo migliore amico”, e spiega perché sia così appassionato alla sua figura. «Non stiamo eleggendo il diacono di una chiesa. A quello stronzo piace vincere. Gli piace barare quando gioca a golf. Lo voglio in squadra con me. Voglio il tizio che dice “io lotterò con te”.»
Molto meno aspettati sono i secondi ospiti, i Village People. Il sestetto, fondato nel 1977 con una differente formazione, doveva rappresentare una realtà di emancipazione per gli uomini gay d’America. Da sempre la band di Jacques Morali si basa su una dinamica teatrale: un gruppo di uomini omosessuali, stereotipati come effemminati, che incarnava archetipi popolari associati alla virilità più classica. Il motociclista, il muratore, il militare, e una caricatura dei nativi americani inspiegabilmente in uso tuttora.
Nel 2020 Victor Willis, il “poliziotto” frontman dei Village People, aveva vietato a Trump di usare la canzone più famosa della band, Y.M.C.A., alle riunioni dei suoi seguaci, dichiarando di non «poter più distogliere lo sguardo» dinnanzi alle sue minacce di forza estrema militare al movimento Black Lives Matter.
Tuttavia Willis sembra aver cambiato idea; c’è chi ritiene che galeotta sia la passione di Trump per Y.M.C.A., che grazie alle sue frequenti apparizioni alle riunioni pro-Trump è ritornata in classifica a più di quarant’anni dalla sua registrazione.
Su Facebook, la band difende la sua reputazione. «Sappiamo che questo non farà felici tutti voi, ma riteniamo tuttavia che la musica vada suonata senza sguardo alla politica. La nostra canzone Y.M.C.A. è un inno globale che speriamo aiuti a riunire il paese dopo una campagna tumultuosa e divisa, dove la nostra candidata preferita ha perso»
Il mondo insulare del country
Segue un altro “traditore”, Billy Ray Cyrus. Il cantante di Achy Breaky Heart, che nel 2019 sosteneva la validità del giovane nero Lil Nas X come valido elemento nel mondo country, si è ufficialmente rivolto al pubblico conservatore.
I più sorpresi sono i fan della figlia e collega Miley, popstar sperimentale e apertamente queer. Miley Cyrus è stata ripresa in lacrime dopo la vittoria di Trump nel 2016 e lo ha definito, in un’intervista del 2019, uno «str***o completamente razzista, sessista e pieno di odio»
Nel 2022, Billy Ray ha divorziato da Tish, madre di Miley, per sposare la cantante Johanna Hodges, in arte Firerose, più giovane di lui di ventisette anni. I fan della cantante di Flowers hanno notato che quest’ultima aveva smesso di seguire il padre sui social, e i contatti di Miley con il padre sono pubblicamente terminati.
Lo stesso Trump si è rivolto a Miley, durante una campagna nell’agosto 2024. «Come l’hai avuta una figlia così liberale? Come è successo, Billy Ray?»
Seguirà l’esibizione di Lee Greenwood, cantautore country-folk molto amato nel suo paese. La sua canzone più famosa, God Bless The USA, è uno dei brani patriottici più apprezzati dagli americani: registrato nel 1984, è rientrato in top 10 dopo l’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001. Nel 2021, Greenwood ha pubblicato un’edizione speciale della Bibbia che porta il titolo della canzone: al suo interno include i testi della Dichiarazione d’Indipendenza, la Costituzione, il Bill of Rights, il Giuramento di Fedeltà, e il ritornello di God Bless The USA scritto a mano da Greenwood.
Vocale sostenitore di Trump dal primo mandato, Greenwood stesso ha preso parte all’ambiente politico, servendo presso il Consiglio Nazionale delle Arti dal 2008 al 2021.
L’ultimo artista in lizza è il coro religioso Praise (“lode”) della Liberty University. Si tratta di un autoproclamato “coro gospel multi-etnico”, dedito a «guidare il popolo di Dio in una preghiera genuina e accorata»
La cerimonia di giuramento: Carrie Underwood quota rosa
Alla cerimonia di giuramento, che si terrà il 20 gennaio, apparirà l’ospite più famosa e controversa: Carrie Underwood, una delle cantanti country più amate dell’epoca moderna. Salita alla ribalta come vincitrice di American Idol nel 2005, la cantante di Muskogee è considerata tra le grandi popstar degli anni duemila, e aveva accumulato un seguito non tradizionale che includeva molti giovani di sinistra. Sul palco di Trump canterà America the Beautiful.
La sua apparizione è dunque la più controversa della serata, e poco vale il tentativo della stella di Before He Cheats di appianare la controversia.
«Io amo il nostro paese», dichiara su Twitter, «e sono onorata che mi sia stato chiesto di cantare all’Inaugurazione ed essere una piccola parte di questo evento storico. Sono lieta di rispondere alla chiamata in un momento in cui dobbiamo andare tutti d’accordo nello spirito dell’unità e guardando al futuro»
Seguirà un’interpretazione dell’inno nazionale, cantata dal cantante d’opera Christopher Macchio, autoproclamato “tenore d’America”. Egli è stato raccomandato da Robert Trump, fratello di Donald, nel capodanno del 2019, quando serviva un cantante sostitutivo per una performance di capodanno a Mar-a-Lago. Da allora è stato un suo accanito seguace.
Si terrà poi un’altra esibizione di Lee Greenwood.
Le ospitate country ai tre “balli”
In celebrazione del futuro presidente si terranno poi tre diversi balli, correlati da altre performances. Il primo, intitolato “Liberty Ball”, vedrà apparire un altro dei grandi ammiratori di Trump, Jason Aldean. Un altro cantante country, vocalmente conservatore, che ha espresso la sua passione per le politiche di destra nell’inno ai linciaggi Try That In A Small Town. Canzone nella quale si è esibito “in tributo” a Trump dopo il suo tentato assassinio.
Seguirà un’altra esibizione dei Village People, e un “ospite a sorpresa”, ritenuto da molti un altro Trumpiano di lunga data, Kanye West.
Al Commander-in-Chief Ball si esibiranno i Rascal Flatts, la band country dietro la celebre cover di Life Is A Highway. Il gruppo si era già esibito per Trump nel 2016, e si era sciolto ufficialmente nel 2021. Così annuncia il frontman, Gary LeVox: «Sono lieto, onorato e grato per l’opportunità di suonare all’inaugurazione del quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti. […] Sarà una notte da ricordare». Accompagnano varie foto a tema patriottico, che lo raffigurano circondato da bandiere a stelle e strisce o a bordo di un furgone.
Con loro un altro cantante country, Parker McCollum, esponente della svolta neo-tradizionale del genere molto popolare di recente.
L’ultimo ballo, lo Starlight Ball, vedrà un’ospitata di Gavin DeGraw. Il cantante adult contemporary, salito alla ribalta nel pieno del movimento a partire dal 2004, ha mantenuto un successo discreto fino a oggi.
L’interesse di Trump per le belle arti si estende anche al cinema. È stato recentemente annunciato quali saranno gli “ambasciatori a Hollywood” scelti dal futuro presidente: Mel Gibson, Sylvester Stallone e Jon Voight. Tre attori della vecchia gloria, due dei quali apertamente di destra, che nelle parole dello stesso Trump dovrebbero riportare indietro la “età dell’oro” di Hollywood.