La linea dura di Donald Trump convince l’Ucraina ad accettare un cessate il fuoco

La linea dura di Donald Trump convince l’Ucraina ad accettare un cessate il fuoco

Foto di Sabato Angieri

L’incontro di ieri a Gedda, in Arabia Saudita, tra le delegazioni ucraina e statunitense ha palesato il «racket della difesa» di Donald Trump inizia a dare i suoi effetti. Dopo lo scontro in mondovisione durante la conferenza stampa di Washington, per gli ucraini era fondamentale ricucire lo strappo con l’amministrazione di Washington e riattivare le forniture militari e di intelligence sospese da Trump come ritorsione. Il tycoon era stato chiaro: senza un impegno chiaro dell’Ucraina per avviare i negoziati non ci sarebbe stato alcun incontro. E dunque Kiev aveva ceduto, convinta che si potesse ancora usare l’Accordo per le terre rare come moneta di scambio prevalente e aggiungendo sul piatto una «tregua parziale temporanea» che che prevedeva lo stop agli attacchi in aria e nel Mar Nero e lo scambio dei prigionieri di guerra.

Ma Trump e i suoi, soprattutto Rubio e l’inviato per il Medioriente Steve Witkoff, avevano ribadito fino alla vigilia che o Kiev si impegnava in un precorso serio che portasse a un accordo con la Russia in tempi brevi, oppure le relazioni diplomatiche con gli Usa non sarebbero riprese. E l’aut aut ha funzionato, o meglio è stato irrifiutabile: i funzionari ucraini sono entrati nella sala pensando di poter chiedere semplicemente blandire il Segretario di Stato Marco Rubio e il Consigliere per la sicurezza nazionale Waltz. Zelensky si era raccomandato di «mostrarsi grati», di lasciarli parlare e di non uscire in nessun modo senza un’intesa da poter sbandierare come una vittoria, anche se parziale, di fronte all’opinione pubblica. Ma si sono ritrovati di fronte a un piano già congeniato dettagliatamente. Gli Usa hanno rilanciato alla proposta ucraina di tregua parziale con un «cessate il fuoco provvisorio completo di 30 giorni» come lo ha descritto Zelensky stesso, «non solo fermando gli attacchi missilistici, dei droni e delle bombe, non solo nel Mar Nero, ma anche lungo l’intera linea del fronte».

Dunque un vero cessate il fuoco, rinnovabile di mutuo accordo dalle parti. «L’Ucraina è pronta ad accettare questa proposta: la vediamo come un passo positivo e siamo pronti a intraprenderlo» ha continuato Zelensky, «ora, spetta agli Stati Uniti convincere la Russia a fare lo stesso. Se la Russia accetta, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente». In cambio Kiev ha ottenuto l’immediata riattivazione della condivisione di informazioni da parte della Cia e la revoca dello stop alle forniture militari. Secondo il colonnello Pavlo Palisa, vice capo dell’ufficio presidenziale ucraino che era presente ieri ai colloqui di Gedda tra Ucraina e Usa, «l’assistenza alla sicurezza da parte degli Stati Uniti è stata ripristinata. Gli accordi stanno iniziando a essere implementati». La dichiarazione entusiastica di Palisa, che seguono di poco quelle del presidente Zelensky, rispecchiano in larga parte quelle dei vertici ucraini. Per il capo di stato di Kiev, che non era presente durante i colloqui ma al quale la sua delegazione ha affidato il compito di pubblicizzare l’esito della discussione è stato positivo e costruttivo e i due team si sono parlati per quasi tutto il giorno.

Le reazioni russe per ora sono state tiepide ma non è stata chiusa alcuna porta. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha dichiarato che Mosca è pronta a «incontrare la controparte americana, anche questa settimana». Donald Trump ha fatto sapere di voler incontrare i rappresentanti russi nel più breve tempo possibile, forse già oggi, e Vladimir Putin entro la settimana. In ogni caso i colloqui di Gedda dureranno ancora per tutta la giornata e a partire da domani era già prevista una visita dell’inviato di Washington per il Medioriente, Steve Witkoff, al Cremlino. A questo punto è plausibile pensare che sarà proprio il fedelissimo di Trump a presentare il piano a Putin.

 

 

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