L’inferiorità mentale della donna

L’inferiorità mentale della donna

In scena a Roma al Teatro Quirino dal 4 al 9 marzo.

Aura D’antan, personaggio di fantasia,  indossato con ironia, mestiere ed emozione da Veronica Pivetti,  elaborato e scritto da Giovanna Gra, ci porta a scoprire “L’nferiorità mentale della donna” ,

Prodotto da Artisti Associati in collaborazione con Pigra.

Regia Gra&Mramor

Come nasce l’idea di portare in scena “L’inferiorità mentale della donna”?

L’idea – arditissima – è dell’autrice, Giovanna Gra.

Inizialmente si era pensato a un recital, ma io non amo i recital, non mi interessa raccontarmi su un palco, così, dopo un po’ di riflessioni, Giovanna ha tirato fuori ‘l’Inferiorità Mentale  della donna’, testo di Paul Julius Moebius, neurologo di Lipsia, che nel 1901 ha pubblicato questo trattato in cui ha ‘postulato’ il motivo per cui, secondo lui, le donne sono inferiori.

Prima ho detto che non mi andava di fare un recital perché in questi si parla della propria vita, in realtà, alla fine, in questo spettacolo io parlo anche della mia vita, perché parlo della vita di tutte le donne.

Come è stato l’approccio ad un testo con anche un titolo che potrebbe mostrare il fianco a facili attacchi?

L’altro produttore coinvolto ed io, leggendo il titolo, abbiamo esitato, ci siamo presi del tempo.

Poi ho letto il trattato, ero in viaggio in treno. È un libretto che non arriva a 100 pagine (ora mi è chiaro che in 80 puoi dire mostruosità che non riusciresti a dire in mille!)

Ero incredula. Per mettere in scena quel testo dovevo metabolizzare un pensiero a me completamente estraneo. Ero anche allibita che fosse un testo dei primi del ‘900. Fosse stato un trattato del 1300 avrei capito, insomma, le donne erano considerate anche delle streghe, ma poi ho capito che nel 1900 non era diverso. Nel 1900 hanno solo ‘ridipinto’ il maschilismo più stolido di un colore diverso e ad oggi forse non è cambiato granché. Dopo averlo letto più volte, io e Walter Mramor, l’altro produttore, ci siamo detti che Gra aveva visto giusto, ed era giusto fare un’operazione “politica”, in cui essere vitali e propositivi, allontanandoci da vittimismi o lagne, che non sono mai efficaci. Abbiamo scelto l’ironia come veicolo.

Cosa vuol dire, in questo caso, un’operazione politica?

Vuol dire scegliere di fare luce su un trattato come questo, rimaneggiandolo per proporre uno spettacolo per il pubblico. Giovanna Gra ha fatto un gran lavoro di ricerca per trovare una chiave adatta a comunicare la distruttività del pensiero di Moebius. Ha costruito un personaggio tragico e comico insieme, una donna più maschilista di Moebius, Aura D’antan, assistente del professore che indossa, a tratti scomodamente, a tratti in modo convinto e autoironico le parole del neurologo di Lipsia, trovando, purtroppo, conferme in quelle degli altri autori chiamati in causa.

Ovvio è che ogni parola scritta da Moebius, Maréchal o Lombroso non è stata cambiata nemmeno di una virgola, perché è importante divulgare la loro testimonianza vera e propria. Ispirarsi sì al loro pensiero, ma non rimaneggiarlo. Quello è tale a come l’hanno espresso. Questo spettacolo ci permette di dire la nostra, come donne. Dopo un secolo di amputazioni, (questi testi sono continue amputazioni alle donne, con queste parole ci hanno tagliato la testa le braccia le gambe ci hanno amputato continuamente) vogliamo mostrare, con parole loro, cosa hanno fatto e prodotto.

Il pubblico mi sente dire delle mostruosità, che chissà se ha mai pensato, in cuor suo. Alcuni scritti di quelli citati sono molto pesanti e molto gravi e hanno distrutto vite di donne, si parla dell’isteria come malattia femminile che è stata cancellata dai manuali diagnostici solo nel 1952. Per dire, mia madre è del ’36, nel ’52 era una donna già adulta. Alda merini, 78 elettroshock nella sua vita e continuavano a ricoverarla per questo, e non solo lei, lei almeno la conosciamo. Molte donne sono state rinchiuse nei manicomi perché tristi per vite vissute sotto dinamiche di potere di padri padroni e mariti padroni. Che un testo come “L’Inferiorità mentale della donna” non sia più pubblicato a me dispiace, perché bisognerebbe sapere che c’è, quindi sono molto contenta di raccontarlo alla gente.

Prima di arrivare in scena a Roma hai avuto modo di confrontarti con platee in non poche date di tournée, qual è la reazione del pubblico a questo spettacolo?

La gente ci sta, partecipa, si diverte, lo spettacolo è costruito per far sorridere, anche ridere, e riflettere. È ricco di canzoni, alcune moderne, scelte per essere parte della narrazione.

Con me sul palco c’è un batterista e body percussionist, Anselmo Luisi, che interpreta un personaggio che con interventi di suono e mai di parola, crea con Aura digressioni sempre coerenti con la narrazione, che fanno sorridere il pubblico.

Spesso gli spettatori sembrano rapiti da una riflessione e alla fine c’è spesso (ma forse direi sempre) l’esplosione dell’entusiasmo liberatorio. Io sono certa che questo spettacolo sia catartico.

Si percepisce dal palco la necessità del pubblico di partecipare, di dire la sua, ci sono davvero tanti applausi, ed è indice chiaro di gradimento ma ancora di più c’è un silenzio attento. La soddisfazione, per me, è quando sento l’attenzione del pubblico che è quasi ‘solida’, certi flussi emotivi sono tangibili. Nelle prime repliche mi chiedevo, con giusta “preoccupazione”, secondo me, quale potesse essere la reazione del pubblico, in particolare quello maschile, ed è stata poi interessante, perché la risposta di molti uomini mi ha dato la misura del fatto che lo spettacolo non arriva come un’aggressione di genere, piuttosto come una proposta d’osservazione di fatti e di un pensiero su ieri, un invito a stare in modo diverso oggi e una domanda per domani.

Credo sia importante portare avanti questo spettacolo, più vedo come viene accolto, e più ne sono convinta. Lo farei comunque ma il fatto che venga accolto così bene mi dà coraggio, mi fa dire che forse siamo in molti a volere che le cose cambino affinché la vita di noi donne sia una vita più vivibile e più giusta.

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