Il Governo è all’esame dei mercati finanziari: stasera dovrebbero arrivare le valutazioni che le agenzie di valutazione stabiliscono sul debito italiano. È atteso il giudizio della statunitense Standard&Poors: in aprile la valutazione del Paese era tripla B ma ora potrebbe cambiare dato il mutato approccio in ambito contabile dell’esecutivo. I mercati ringraziano mentre i numeri su povertà e occupazione non sono per nulla incoraggianti. Stando al rapporto Asvis: «Quasi due milioni di famiglie, al cui interno vivono 1,4 milioni di minori, sono in condizione di povertà assoluta; le disuguaglianze tra ricchi e poveri sono in crescita; quasi cinque milioni di giovani 18-34enni (quasi uno su due) presentano almeno un segnale di deprivazione; la spesa pubblica sanitaria e per istruzione è nettamente inferiore a quella europea; l’abbandono scolastico è pari all’11,5% e tocca il 36,5% tra i ragazzi stranieri; la disoccupazione giovanile è superiore al 20% e 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano (NEET); le disuguaglianze di genere sono ancora forti e si registrano inaccettabili violenze nei confronti delle donne».
Ma i mercati sono più importanti, evidentemente: il ministro Giorgetti si sta spendendo molto in sede europea con la burocrazia di Strasburgo e Bruxelles, nonché in ambito finanziario, per far sì che si valuti positivamente l’approccio del governo Meloni. C’è da dire che l’esecutivo non ha mai dimostrato – né si è mai posto il problema, per la verità – di voler entrare in rotta di collisione con l’Unione Europea e coi mercati. Lo scostamento di bilancio che tanto sta facendo discutere in questi giorni è stato ribadito così dal ministro in un’intervista rilasciata a margine del voto alla Camera dei deputati sulla Nadef: «la legge costituzionale parla di cause eccezionali che hanno gravi ripercussioni economiche» riferendosi alla guerra in Ucraina in relazione alla giustificazione dello scostamento di bilancio: «le conseguenze economiche finanziarie sono visibili a tutti». La manovra è di «complessivi 24 miliardi che sono il frutto di quasi 16 miliardi di extra-gettito e di tagli di spese», ha detto Meloni. Non solo, ha anche fatto sapere alla stampa presente il 16 ottobre alla conferenza convocata con Tajani, Salvini e Giorgetti che si stava parlando di una manovra «realistica», «seria», che non «disperde risorse» e che concentra fondi sulle priorità.
C’è poi da dire che il quadro generale, che sembrava positivo fino a qualche mese fa, ora già non lo è più: «Per intenderci – ha dichiarato Meloni – nel 2024 avremo circa 13 miliardi di euro di maggiori interessi sul debito da pagare in forza delle decisioni assunte dalla Bce e circa 20 miliardi per il Superbonus: l’aumento dei tassi di interesse a riguardo raggiunge una cifra più imponente di quella della manovra».
C’è poi il capitolo del prodotto interno lordo (Pil). La Nadef (nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) non registra una situazione rosea a tal proposito: nelle previsioni del 2024 l’Italia sarà ultima, stando al «Sole 24 ore» di giovedì 19 ottobre. Il Ministro Giancarlo Giorgetti lo ha anche ribadito nell’introduzione alla nota d’aggiornamento al documento d’economia e finanza: «Alla luce della modesta crescita dell’attività economica prefigurata dalle stime interne per il secondo semestre, tali fattori [erosione del potere d’acquisto delle famiglie dovuto all’elevata inflazione, della permanente incertezza causata dalla guerra in Ucraina, della sostanziale stagnazione dell’economia europea e della contrazione del commercio mondiale] portano a rivedere al ribasso la previsione di crescita annuale del prodotto interno lordo (PIL) in termini reali del 2023 dall’1,0 per cento del DEF allo 0,8 per cento e la proiezione tendenziale a legislazione vigente per il 2024, dall’1,5 per cento all’1,0 per cento».
Eppure solo ad aprile 2013 i dati relativi al prodotto interno lordo parevano essere incoraggianti nei confronti del governo: margini stretti ma previsioni rassicuranti.
Ci sarà altro debito e ci sarà ancora una scarsa crescita. Esattamente il contrario di quanto declamato a gran voce dal governo fino ad ora: tra qualche tempo arriverà anche la scure del debito legato al Pnrr. L’importante è prendere decisioni rapidamente e che l’opinione pubblica veda che l’esecutivo stia facendo qualcosa.
«La legge di bilancio – ha aggiunto Meloni – è stata approvata dal Consiglio dei ministri in tempo di record». Convocato alle 9:30 c’è voluto poco più di un’ora. «Questo a dimostrare – secondo Meloni – l’unità di vedute della maggioranza che sostiene il governo». In questi ultimi decenni la rapidità e la necessità di velocità di prendere decisioni e di essere conseguenti con quanto stabilito è diventato un argomento forte di ogni maggioranza: ma è davvero un fattore positivo? In una fase storica come questa, le circostanze indicherebbero, parafrasando Alexander Langer e il detto del barone de Coubertin, che bisognerebbe andare lentius, profundus, suavius anziché altius, citius, fortius. Fermarsi e cercare di andare a passo lento, forse, sarebbe una necessità anche per gli esecutivi.
Marco Piccinelli