Molestie all’Università di Torino: è la vigilia del MeToo delle università italiane?

Molestie all’Università di Torino: è la vigilia del MeToo delle università italiane?

«Ero dottoranda, durante una conferenza del dipartimento, un ricercatore che lavora a filosofia, G. C., mi disse “come puoi pretendere di essere ascoltata se sei così scosciata”». «Un mio compagno mi ha toccato più volte senza il mio permesso mentre studiavamo». E ancora: «Che bella biancheria intima che indossi!». Professori, ricercatori e colleghi. Non si salva nessuno dalle più di cento denunce di molestie delle studentesse dell’Università di Torino raccolte in due settimane dall’Assemblea transfemminista universitaria di ateneo nata dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin.

Tra le numerose segnalazioni, fondamentale sarebbe stata quella di una ex dottoranda dell’ateneo: le molestie verbali riportate dalla donna sono state affisse sulle colonne del rettorato costringendo l’ateneo a una presa di posizione. Sono stati così sospesi Federico Vercellone, professore ordinario di Filosofia e Giancarlo Di Vella, ex direttore della scuola di Medicina Legale. Il primo, accusato da due studentesse, è stato sospeso per un mese dalla cattedra e dallo stipendio, ma si è dichiarato estraneo alle accuse e, ad oggi, non risulta essere indagato. Per il secondo, già agli arresti domiciliari perché avrebbe attestato false attività didattiche, la procura starebbe ipotizzando il reato di stalking e minacce: sarebbero per adesso sei le allieve ad accusarlo di molestie.

«L’idea (del questionario, n.d.r.) è nata dopo le mobilitazioni e la sensibilizzazione del femminicidio di Giulia Cecchettin», ha spiegato al Corriere della Sera una portavoce di Studenti indipendenti dell’Università di Torino, l’organizzazione che insieme a Non una di meno ha organizzato il corteo che, il 7 febbraio, ha interrotto la seduta del Senato accademico e si è riunita in assemblea. «Non ci aspettavamo questa risonanza mediatica» ha continuato la portavoce.

Se le denunce dello studentesse di Torino daranno vita al MeToo delle università italiane non è possibile saperlo, anche se i primi risultati dellindagine nazionale sulle molestie e le violenze proposta dall’Unione degli universitari fanno emergere un quadro inquietante: in meno di 24 ore, da nord a sud, sono giunte 200 segnalazioni che riguardano colleghi, professori e personale universitario. Confermando così che non si tratta di casi isolati. «Non vogliamo riferirci alla logica della ricerca di mele marce o caccia alle streghe, ma all’intero modello universitario, un sistema che promuove competizione, carrierismo ed elitarizzazione all’interno di tutta l’università ed è questo che legittima violenze di genere e molestie» ha denunciato l’organizzazione comunista studentesca Cambiare Rotta alla giornalista Rita Rapisardi sulle colonne del manifesto del 13 febbraio. A poco servirebbero allora le «misure sempre più severe» che il rettore dell’Università di Torino intende assumere. Soprattutto se gli organi di tutela non sembrano essere adeguati.

«Non sapevo a chi rivolgermi e non ho detto nulla della molestia verbale subita dal dipendente della biblioteca che ci ha provato con me facendo battute sul mio aspetto», ha raccontato un’altra studentessa. Mettendo così in luce la non idoneità degli strumenti per denunciare. In particolare, del Comitato unico di garanzia dell’ateneo, preposto a raccogliere le denunce. «Il Cug non funziona, delle cinquanta segnalazioni arrivate solo una ha avuto seguito. L’estrema burocratizzazione dell’iter contribuisce a tenere nascosti gli episodi» denuncia l’Assemblea transfemminista universitaria. A questo si aggiunge, come specificato da Rapisardi sul manifesto, che il testo sulle sanzioni disciplinari risale al 1933 e sono assenti riferimenti specifici alle molestie e alle violenze sessuali. È presente solo un riferimento al “danno d’immagine dell’università” che riporta inevitabilmente la memoria all’epoca del Codice Rocco (terminata solo nel 1996) secondo cui lo stupro era considerato come offesa alla morale e non alla persona.

«Vogliamo costituire un osservatorio autogestito a UniTo» raccontano le studentesse dell’Assemblea transfemminista universitaria alla Stampa «Non vogliamo sostituirci alle istituzioni, ma vogliamo portare avanti quello che facciamo già tutti i giorni: costruire dal basso una catena di mutuo aiuto e renderla sempre più forte. È una questione di sopravvivenza»

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