Napoleon, uscito nelle sale italiane il 23 novembre, segna il ritorno alla regia di Ridley Scott dopo l’insipido House of Gucci. Con questo film, il celebre regista britannico si mette alla prova con la trasposizione di quella che forse è una delle figure storiche che più ha affascinato registi e attori di ogni epoca: Napoleone. Un solco lunghissimo che parte dagli albori del cinema con il film muto Napoléon di Abel Gance (vera e propria pietra miliare e tutt’oggi fonte di ispirazione per tutti) e arriva sino a Paolo Virzì, passando per il tentativo mai concretizzato di Stanley Kubrick.
Il film, scritto da David Scarpa (già collaboratore di Scott in Tutti i soldi del mondo), narra la vita di Napoleone Bonaparte dall’assedio di Tolone fino alla morte a Sant’Elena e procede su due linee parallele: da una parte le battaglie e la vita militare del generale francese, dall’altra il rapporto di amore e odio e la vita amorosa di Napoleone e Giuseppina di Beauharnais. Una dicotomia atta a raccontare la dimensione umana e personale di Napoleone e a esplicitare le sue forze e le sue debolezze.
Tuttavia, è proprio in questo desiderio di dividere la narrazione e farla procedere su due binari che giace il grande difetto del film. Scott tenta di dare la stessa importanza ai due nuclei narrativi, senza però riuscirci. Questo è dovuto a vari fattori: in primis le meravigliose ricostruzioni belliche che fagocitano tutto il resto. Il cineasta si conferma, per l’ennesima volta, un maestro e regala al pubblico alcune delle sequenze di guerra più belle degli ultimi anni: la presa di Tolone, la battaglia di Austerlitz, la campagna russa, tutte scene magnifiche che si imprimono nella memoria degli spettatori.
In secondo luogo, la rilettura narrativa che il regista fa del rapporto tra i due amanti. Lui stesso, infatti, riferisce in un’intervista rilasciata al sito Deadline.com: “Napoleon is a man I’ve always been fascinated by, he came out of nowhere to rule everything — but all the while he was waging a romantic war with his adulterous wife Josephine. He conquered the world to try to win her love, and when he couldn’t, he conquered it to destroy her, and destroyed himself in the process”. Questa sua visione romantica e simbolica del sentimento che lega Napoleone a Giuseppina, non prende mai il volo nella narrazione ma anzi diventa un tedioso intervallo tra una battaglia e l’altra.
Infine, direttamente legato al punto precedente, il terzo fattore è la caratterizzazione confusa della coppia di protagonisti, a volte davvero troppo superficiale e riduttiva. Napoleone il comandante ossessivo, ambizioso ma anche insicuro e a tratti spaventato e Giuseppina, che alterna, in modo sbilanciato, un fascino da femme fatale ad un’attitudine da donna-trofeo.
Napoleon è un film visivamente sontuoso e magnifico che però, come l’uomo che intende raccontare, cade sotto il peso della sua stessa ambizione.
Sebastian Angieri