OnlyFans: storia di un grande inganno

OnlyFans: storia di un grande inganno

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Negli ultimi mesi, giornali e programmi di approfondimento in prima e seconda serata hanno ospitato i racconti (talvolta vere e proprie fake news come il caso di Ilaria Ramoldi, ex dipendente Gardaland) di ragazze e donne che avrebbero lasciato il lavoro (fisso o precario) per una prospera e promettente carriera su OnlyFans, piattaforma britannica che permette di pubblicare e accedere a contenuti hard sottoscrivendo un abbonamento tra i cinque e i cinquanta dollari al mese.

Alla sovraesposizione mediatica degli ultimi mesi non sono seguite inchieste su cosa davvero si celi dietro (e dentro) OnlyFans. In effetti, in italiano si contano sulle dita di una mano gli articoli di approfondimenti in merito.

Onlyfans

Fondata nel 2016 da Timothy e Guy Stokely, rispettivamente padre e figlio, imprenditore e banchiere in pensione, OnlyFans viene acquistata nel 2018 dall’imprenditore statunitense-ucraino Leonid Radvinsky, il quale compra il 75% della società madre, la Fenix International Limited che, per ironia della sorte, si occupa tra le altre cose di protezione dei dati. Nel passato del neomiliardario, classe 1982, figura infatti la gestione di alcuni siti web che promettevano l’accesso a siti di pornografia a pagamento tramite password illegali. Nei primi anni 2000 Radvinksy fonda MyFreeCams, portale di webcamming e, tra il 2003 e il 2004, è coinvolto in una causa da parte di Amazon e Microsoft per via di alcune campagne spam in cui veniva utilizzato il nome dei due colossi dell’informatica per diffondere, tra le altre cose, link a siti pornografici. Il neomiliardario respinge le accuse, ma gli viene proibito di usare il nome di Amazon e i tool di Microsoft.

È facile allora immaginare come e perché OnlyFans, da poco noto social network dove era possibile trovare contenuti di ogni genere, in seguito alle restrizioni del lockdown si sia specializzato nella diffusione di materiale pornografico, che attualmente corrisponde al 98% dei contenuti presenti nella piattaforma. Nel novembre 2020, OnlyFans ha visto una crescita complessiva del 540% rispetto all’anno precedente, registrando entrate pari a 400 milioni di dollari, con un fatturato in costante crescita.

Amrapali-Gan
Amrapali Gan

L’indiana Amrapali Gan, nuova CEO classe 1985 succeduta nel dicembre 2021 a Tim Stokely, ha dichiarato di voler diversificare l’offerta di OnlyFans per liberarlo dallo stigma di sito porno. L’obiettivo di Amrapali Gan appare difficile, se non impossibile, visto che la maggior parte degli incassi della piattaforma proviene proprio da profili che pubblicano contenuti hard.

Il varco virtuale dal softporn alla prostituzione

Grazie alla facilità con cui ci si può iscrivere, la piattaforma ha certamente cambiato la percezione del cosiddetto “sex work”. Onlyfans alimenta infatti l’immagine, amplificata dai media, di una possibile via soft alla prostituzione, svincolata dalla dura realtà delle logiche di mercato della pornografia.

Con due giovanissime “creator” di OnlyFans che si erano approcciate con questo spirito alla piattaforma ha lavorato Annalisa Perziano, psicoterapeuta presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl città di Torino. In un’intervista rilasciata a Repubblica, Perziano ha denunciato i problemi psicologici che OnlyFans aveva fatto emergere nelle due ragazze da poco maggiorenni che, dalla pubblicazione di contenuti hard, erano passate alla prostituzione dal vivo.

Perziano mette a fuoco due questioni importanti: la prima è la presenza delle minorenni sulla piattaforma. Come già denunciato infatti da una inchiesta di BBC News e contrariamente a quanto sostenuto da OnlyFans, è infatti possibile aggirare le blande verifiche sulla maggiore età.

Il secondo elemento che emerge dal racconto della dottoressa Perziano è che, come ipotizzato anche da Eric Silverman di Culture Reframed, organizzazione che si occupa dell’ipersessualizzazione dei giovani nei media, la piattaforma britannica costituisce ormai, dalla fine del lockdown, un vero e proprio ponte digitale tra porno e prostituzione.

Perziano evidenzia poi come l’uso della piattaforma possa costituire un pericolo importante per la salute mentale delle ragazze, che vi si approcciano per gioco, come farebbero su un social network qualsiasi, mentre gli spettatori (i fans, appunto) sono in realtà clienti che vogliono comprare sesso o fruire di pornografia. L’idea che la prostituzione online sia più sicura in quanto esercitata tra le proprie mura non tiene quindi conto né delle conseguenze psicologiche né della violenza che le donne vivono in rete e a cui, ovviamente, le prostitute sono ancora più sottoposte.

A questo tema, Rita Rapisardi ha dedicato un approfondito articolo su Micromega 6/2022, descrivendo i “tipi di violenza che, agiti proprio attraverso la rete, acquisiscono caratteristiche precise e si delineano come nuove forme di sopraffazione”. Si tratta di “aggressioni verbali, insulti, invio di foto a sfondo sessuale in chat (sex trolling), retoriche sessiste stereotipate, ricerca e pubblicazione online di informazioni personali e private (doxing), pornografia non consensuale (revenge porn), intimidazione, minacce di aggressione o di morte, cyberstalking”. Per questi reati, spiega Rapisardi, non esiste una normativa europea specifica, sebbene una donna su dieci in Europa abbia riferito di aver subito molestie sessuali su internet dall’età di 15 anni. Le ragazze e le donne che pubblicano contenuti hard sul sito di Radvinsky lo fanno in una realtà, quale è quella virtuale, senza tutele, dove la violenza che possono subire resta impunita.

Il passaggio delle due giovani torinesi dalla pubblicazione di contenuti hard alla prostituzione dal vivo non è un caso isolato. Che OnlyFans sia di fatto un varco virtuale a senso unico dal porno alla prostituzione viene confermato da un importante sondaggio del dicembre 2021 svolto da The Avery Center, organizzazione statunitense che si occupa di assistenza e supporto alle vittime di tratta e prostituzione.

Una “carriera” per nulla priva di rischi

Il campione intervistato, composto da donne tra i 20 e i 39 anni con un’età mediana di 35 anni residenti in diversi paesi degli Stati Uniti, ha affermato che l’attività su OnlyFans le ha condotte all’esercizio della prostituzione dal vivo. Le donne intervistate che non si erano mai prostituite prima della pandemia hanno raccontato di aver iniziato a usare OnlyFans per motivi economici, mentre quelle che già lo facevano si sono iscritte alla piattaforma solo a causa dei limiti imposti dal lockdown, per poi ritornare a esercitare dal vivo. In merito alla sicurezza percepita su OnlyFans, solo l’11% delle donne intervistate ha affermato di sentirsi al sicuro. Le altre hanno denunciato di temere per la propria incolumità, di aver paura di perdere l’affidamento dei figli, la casa e l’impiego. Il 60% ha segnalato in particolare di temere e di essere stata vittima di doxing, cioè della diffusione in rete di informazioni personali e private.

Le donne intervistate hanno sottolineato come l’attività su OnlyFans non fosse sufficiente a garantire loro una stabilità economica, e quindi hanno finito con l’usare il profilo come vetrina per sponsorizzare la prostituzione dal vivo, dovendo così lavorare addirittura il doppio del tempo. Il campione ha infine dichiarato di guadagnare dai 10 ai 2000 dollari al mese, per una media di 1111 dollari mensili. Cifre insomma molto lontane da quanto raccontato dai media, e che non tengono conto di tutto il lavoro parallelo svolto sui social network come TikTok, Instagram e Twitter per attirare altri clienti.

Instabilità economica, violenza virtuale e sessuale, solitudine, isolamento, disagio psichico: questi sono i temi che emergono dalla voce di chi si prostituisce su OnlyFans, per chi vuole ascoltarli, e che nulla hanno a che fare con la narrazione mainstream secondo cui su questa piattaforma sia possibile esercitare una forma di prostituzione “light” e ottenere soldi facili.

Se certamente OnlyFans ha rivoluzionato la percezione della prostituzione, non lo ha fatto rendendola una attività sicura per le donne. Lo ha fatto perché, dopo la pandemia, ha reso la prostituzione una soluzione molto più accessibile e pericolosamente vicina a tutti, permettendo alle donne e alle giovani di varcare quel mondo di sopraffazione, violenza, isolamento ed emarginazione in maniera più silenziosa e solitaria.

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