Open Arms, «il fatto non sussiste». Matteo Salvini assolto

Open Arms, «il fatto non sussiste». Matteo Salvini assolto

Matteo Salvini è stato assolto dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio al processo per la vicenda della nave della ong spagnola Open Arms. Rischiava sei anni.

«Assolto per aver fermato l’immigrazione di massa e difeso il mio Paese». Con queste parole, Matteo Salvini ha commentato la sentenza di assoluzione pronunciata dopo una giornata di camera di consiglio durata dalle 11:30 alle 19:30. In aula, l’annuncio è stato accolto da un lungo applauso da parte dei suoi sostenitori.

Il tribunale di Palermo ha emesso oggi la sentenza sul caso Open Arms, che vedeva imputato Matteo Salvini, leader della Lega, attuale ministro dei Trasporti e vicepremier. L’ex ministro dell’Interno è stato assolto da tutte le accuse con la formula «il fatto non sussiste», dopo un processo durato tre anni.

Salvini era accusato di aver impedito nel 2019 lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave della ONG spagnola Open Arms. La Procura aveva richiesto una condanna a sei anni di reclusione, mentre le parti civili, tra cui le ONG, gli enti e i singoli individui, chiedevano complessivamente un milione di euro di risarcimenti. L’avvocata del Ministro, Giulia Bongiorno, ha definito la sentenza una decisione “senza se e senza ma”. Salvini, da parte sua, ha accolto l’assoluzione dichiarando che rifarebbe le stesse scelte, definendo la sentenza una vittoria del “buonsenso e dell’Italia” e ribadendo il proprio orgoglio per aver agito, a suo dire, «a difesa del Paese».

La notizia ha suscitato numerose reazioni. Nella Camera dei Deputati, i banchi del centrodestra hanno risposto con applausi e cori. Anche dall’estero sono arrivati messaggi di supporto da parte di Elon Musk e dal premier ungherese Viktor Orbán, che ha definito la sentenza «una vittoria per i patrioti».

Dal governo italiano, Giorgia Meloni ha espresso “grande soddisfazione” per una decisione che, a suo avviso, conferma l’infondatezza delle accuse. Il vicepremier Antonio Tajani e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi hanno salutato positivamente il verdetto mentre il ministro Giuseppe Valditara, ha celebrato la sentenza come «un grande giorno per l’Italia».

Di segno opposto, invece, la reazione di Oscar Camps, fondatore della ONG Open Arms. Camps ha espresso dispiacere per le 147 persone trattenute a bordo per 20 giorni, affermando che il processo è stato un tentativo di restituire dignità a chi è stato privato della libertà.

Il caso Open Arms, dall’inizio

I fatti risalgono all’agosto 2019, quando Matteo Salvini ricopriva l’incarico di ministro dell’Interno nel primo governo Conte. Da tempo, il leader della Lega aveva costruito buona parte del suo consenso politico su una politica migratoria particolarmente restrittiva e sulla promessa di “chiudere i porti” ossia impedire alle navi che soccorrevano migranti in mare di entrare nei porti italiani, subordinata a trattative con altri Stati membri dell’Unione europea per la redistribuzione dei migranti.

Questa strategia, già applicata in modo informale nei mesi precedenti tramite pressioni sulle varie autorità, tra cui la Guardia costiera, venne formalizzata con l‘approvazione del cosiddetto “decreto sicurezza bis” il 5 agosto 2019. Prima del “decreto sicurezza bis”, non esisteva una legge italiana che permettesse di bloccare lo sbarco di persone soccorse in mare, regolato del resto da diverse norme internazionali recepite dallo Stato italiano. Ma con il passare dei mesi e con il ripetersi degli episodi di navi cui è impedito l’approdo nei porti italiani, infatti, emerse la necessità di un intervento normativo. Il decreto conferiva al ministro dell’Interno il potere di vietare l’ingresso nelle acque territoriali italiane per generici motivi di sicurezza, un provvedimento molto problematico dal punto di vista legale.

Nel caso della Open Arms furono utilizzati per la prima volta i nuovi poteri del “decreto sicurezza bis” per vietare l’ingresso nelle acque territoriali italiane e il successivo sbarco, tenendo la nave bloccata in mare. Il 1°agosto, la nave di Open Arms aveva soccorso diverse imbarcazioni nel Mediterraneo, in tre diverse operazioni accogliendo a bordo 147 migranti in condizioni critiche. Dopo la richiesta di un porto sicuro, sia l’Italia sia Malta negarono l’ingresso nelle loro acque territoriali. Salvini, forte del “decreto sicurezza bis”, bloccò lo sbarco sostenendo che la nave dovesse dirigersi in Spagna, paese di bandiera dell’ONG, o in Tunisia, più vicina geograficamente. Nel frattempo, la situazione a bordo peggiorava, con tensioni crescenti e condizioni sanitarie precarie.

Dopo quasi tre settimane di stallo, il Tar del Lazio sospese il divieto, riconoscendo “un eccesso di potere per travisamento dei fatti e di violazione delle norme di diritto internazionale del mare in materia di soccorso”, consentendo alla nave di entrare nelle acque italiane. A quel punto la Open Arms chiese ufficialmente il permesso di entrare nel porto di Lampedusa e sbarcare le persone soccorse. Tuttavia, Salvini continuò a opporsi allo sbarco, facendo pressioni sulle autorità locali per ritardarlo.

Lo sbarco avvenne solo il 20 agosto a Lampedusa, quando la Procura di Agrigento, dopo un’ispezione a bordo, dispose il sequestro dell’imbarcazione e dispose l’evacuazione immediata dei migranti. Nel decreto di sequestro preventivo, il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio aveva ricordato quali sono le normative internazionali sottoscritte dall’Italia che regolano il soccorso in mare. “L’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali, finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”, aveva scritto. Nel frattempo, alcune persone si erano gettate in mare per raggiungere la costa, esasperate dalla lunga attesa. Gli inquirenti iniziarono le indagini con l’ipotesi di sequestro di persona e anche di rifiuto di atti d’ufficio. A luglio dell’anno successivo, il Senato mandò a processo Salvini.

Le accuse e le difese nel processo

Il processo è iniziato a settembre 2021, con l’ex ministro rinviato a giudizio, come chiesto dalla procura di Palermo, con l’accusa di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio, con 24 udienze svoltesi fino a oggi. La Procura di Palermo sosteneva che l’ex ministro avesse violato il diritto internazionale e le convenzioni marittime, secondo le quali i migranti devono essere condotti nel porto sicuro più vicino. Durante la requisitoria, la procuratrice Marzia Sabella ha sottolineato che «non si può invocare la difesa dei confini senza considerare la tutela della vita umana in mare». Inoltre, la decisione di non far attraccare la Open Arms venne presa dall’ex ministro di propria iniziativa senza il coinvolgimento degli altri membri dell’allora governo Conte, come invece ha sempre sostenuto la difesa di Salvini.

La difesa di Salvini, guidata dall’avvocata Giulia Bongiorno, ha invece descritto la vicenda come una manovra politica orchestrata dall’ONG per mettere in difficoltà il governo italiano. Secondo Bongiorno, la nave avrebbe deliberatamente rifiutato di dirigersi verso altri porti disponibili, accusandola di “bighellonare” in mare per giorni. Inoltre, secondo l’avvocata, «Open Arms ha disubbidito a Malta, alla Spagna e all’Italia» e che condannare Salvini avrebbe significato legittimare le consegne concordate in mare dei migranti e per questo chiedeva l’assoluzione del Ministro.

Salvini, da parte sua, ha sempre difeso le proprie azioni come necessarie per proteggere i confini italiani e ha descritto il processo come una campagna politica contro di lui.

I prossimi passi

Mentre l’Italia continua a confrontarsi con le sfide poste dai flussi migratori, il caso Open Arms rimane emblematico delle tensioni tra politica e giustizia. La decisione del tribunale rappresenta un punto di svolta, ma lascia aperte molte questioni, sia sul piano legale sia su quello etico.

Politicamente, l’assoluzione rafforza la posizione di Salvini all’interno della Lega e del governo, confermandolo come figura chiave nella gestione delle politiche migratorie italiane. Per Fratelli d’Italia, la decisione potrebbe agevolare l’iter della riforma costituzionale della giustizia, che mira alla separazione delle carriere tra magistrati e pubblici ministeri.

Resta ora da vedere se la Procura di Palermo deciderà di ricorrere in appello, come spera Camps, che ha dichiarato che la ONG attenderà le motivazioni della sentenza prima di valutare un eventuale ricorso in appello, lasciando aperta la possibilità di ulteriori sviluppi in una vicenda che continua a dividere l’opinione pubblica.

Condividi

Sullo stesso argomento