Le celebrazioni russe per il 9 maggio, ricorrenza della vittoria sulla Germania nazista, quest’anno si sono tenute in modalità minore. Lo stesso presidente è apparso dimesso nei toni, ben diverso dal condottiero marziale che un anno fa annunciava la necessità di “denazificare” l’Ucraina. Putin – circondato da sei leader di repubbliche ex-sovietiche dell’Asia centrale e dal fedelissimo presidente bielorusso Lukashenko – ha argomentato che la Russia deve far fronte a una minaccia per la propria esistenza. L’Occidente collettivo, utilizzando una categoria ormai comune a Putin e al suo entourage, sarebbe responsabile di un attacco alla Federazione Russa, che, proprio come durante la seconda guerra mondiale, sarebbe chiamata a difendersi. L’unico momento in cui il presidente russo ha recuperato il piglio del condottiero è stato quando ha chiamato il popolo russo alla necessità di vincere. Non ha aiutato il fatto che la parata militare sia stata molto scarna, con un solo carrarmato – un vecchio T-34 della seconda guerra mondiale – a sfilare sulla Piazza Rossa. La sensazione è che fosse importante apparire dimostrare che nonostante gli attacchi con i droni al Cremlino – vicenda sulla quale ancora non è stata fatta chiarezza – e le voci insistenti di malattia del presidente, quest’ultimo non ha paura e non si tira indietro.
A cura di Sabato Angieri
Regia di Ciro Colonna