L’ultima volta che Giorgia Meloni ha partecipato ad una fiera, fosse nazionale o internazionale, non si è lasciata scappare l’occasione di dichiarare posizioni o frasi che hanno fatto scalpore per varie ragioni.
L’ultima a far discutere è stata quella del 3 aprile al ‘Vinitaly’ di Verona. In quella sede, dal palco della Fiera, parlando ad un gruppo di studenti di un istituto tecnico agrario, ha prima rivolto i suoi personali complimenti ai ragazzi e poi, parlando delle possibilità e di sbocchi lavorativi a seguito della scelta scolastica, ha dichiarato: «Ci dimentichiamo non solo che in questi istituti – nell’agrario – c’è una capacità di sbocco professionale molto più alta rispetto ad altri percorsi ma, per come la vedo io, questo è il liceo: perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura […] per questo stiamo ragionando del liceo del made in Italy cioè di fare un’operazione che spieghi la nostra cultura e la nostra identità».
Natalità senza provvedimenti
Martedì 18 aprile la Presidente del Consiglio dei Ministri alla cerimonia di inaugurazione del Salone del mobile di Milano ha ribadito, nel discorso inaugurale, un concetto per cui, già precedentemente dalle colonne di questo giornale digitale, s’era messa in luce un’aporia: «Per troppi anni non ci sono stati investimenti sulla natalità […] In Italia abbiamo un problema di tenuta del sistema economico e sociale, non abbiamo investito sulla natalità». Quale sarebbe l’aporia in tutto questo? Che di natalità non si fa menzione nel documento relativo al Def licenziato a margine della conferenza stampa della scorsa settimana.
Non si mette qui in dubbio l’incentivo sulla natalità in oggetto ma il suo uso a fini propagandistico-politici: nel comunicato ufficiale e nel Def non vi sono menzioni a riguardo ma la Presidente del Consiglio continua a ribadirlo come necessario e per cui il governo sarebbe già al lavoro. Non pare, al momento, vi siano provvedimenti in corso.
«In Italia ci sono sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano, questo problema si risolve in vari modi: il modo su cui lavora il governo non è solo quello dei migranti, ma anche quello della grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile. Portandolo alla media europea e puntando sulla demografia, con l’incentivazione da parte delle famiglie di mettere al mondo dei figli», ha poi dichiarato la Presidente del consiglio.
Le cronache e le notizie che arrivano dai quotidiani locali abbondano di narrazioni inverse: donne che vengono licenziate nel momento stesso in cui rivelano di essere incinte, contratti ‘sui generis’ che prevedono clausole per cui vi è il licenziamento immediato qualora una lavoratrice risulti in attesa di un figlio e via dicendo. Ogni donna è vittima di questo trattamento ma la classe sociale di appartenenza può far valere i propri diritti, come successo alla calciatrice Sara Bjork: incinta ad inizio 2021, ha fatto causa alla sua precedente squadra (Lione) per il mancato riconoscimento dello stipendio che doveva esserle corrisposto. La Fifa le ha dato ragione e ora riceverà una cospicua somma di arretrati. C’è chi non se lo può permettere e rimane nell’ombra: senza stipendio, senza lavoro e con un figlio da crescere.
Made in Italy
Resta dubbia, ad ogni modo, la decisione di chiamare un percorso di studi per spiegare cultura e identità “nostra” (citando le parole di Meloni) attraverso un’espressione propria del commercio e per di più in lingua inglese. Se si avesse davvero in mente la valorizzazione dei percorsi avendo a cuore cultura, tradizione e identità, probabilmente, si sarebbe dovuto investire sul Liceo Classico e sulle facoltà umanistiche. Ma si sa che la “cultura non dà da mangiare” e se lo dice la Presidente del Consiglio dei Ministri val la pena di crederci. Tanto vale ricominciare a diffondere le “tarantelle” sulla scelta della scuola tecnica che fornirebbe una ricerca dell’impiego più rapida dopo il diploma. Il governo tuttavia parrebbe fare sul serio: il disegno di legge delega all’esecutivo è stata depositata il 25 gennaio. Carmela Bucalo, senatrice di Fratelli d’Italia e prima firmataria del documento, è stata intervistata dall’agenzia Ansa proprio a seguito delle dichiarazioni di Meloni il 3 aprile: «L’obiettivo è creare figure specialistiche che permettano di avere un patrimonio culturale sia in campo giuridico che tecnico per avere professionisti altamente specializzati. Quello attuale è un mercato sempre più in evoluzione, risentiamo dell’agguerrita concorrenza della Cina e dobbiamo salvaguardare le piccole imprese e tutelare i prodotti del Made in Italy».
Reddito, pronta l’alternativa (del “paese dei bonus”)
Entro la fine del mese di marzo era atteso il testo definitivo di riforma del reddito di cittadinanza, c’era già il nome alternativo: Mia (misura per l’inclusione attiva). La nuova misura impostava parametri e requisiti ma sempre su un orizzonte caro al governo: quello del risparmio. Tagliando il reddito di cittadinanza e introducendo la Mia si sarebbero risparmiati 3 milioni di euro. La nuova misura è già quel che proverbialmente si direbbe “acqua passata”. In arrivo c’è una riforma che prevederebbe tre acronimi: Gil, Pal e Gal [2]. E cioè rispettivamente: Garanzia per l’inclusione, Prestazione di accompagnamento al lavoro e infine Garanzia per l’attivazione lavorativa.
Tutto, ovviamente, rimane nel campo delle indiscrezioni, come sottolineato a più riprese dal sito del quotidiano romano «Il Messaggero».
Per la Gil si prevederebbero 6mila euro annui, cioè 500 euro al mese; l’assegno potrà essere integrato fino a 3.360 euro, dunque con un bonus extra di 280 euro mensili come contributo per l’affitto di casa ma è rivolto solo a «nuclei familiari al cui interno sia presente un disabile, un minore, un soggetto con almeno 60 anni di età oppure una persona a cui è stato riconosciuto l’assegno per l’invalidità civile», come pubblicato dalle indiscrezioni ricevute dal «Messaggero». Il tutto per 18 mesi, poi un mese di stop e infine prorogabile per altri 12.
Per la Gal, invece, servirebbe un Isee non superiore ai 6mila euro e sarebbe indirizzata a tutti coloro che non rientrerebbero nella Gil.
Non c’è ancora una reale concretezza attorno a queste misure. Ci sarebbe, ad ogni modo, una bozza su cui il governo verosimilmente lavorerà nel corso del mese. Di chiaro, o di definito, ci sono solo alcuni acronimi ma nulla di certo.
Secondo Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, intervistato da «Radio Radicale»[3]: «Le misure sarebbero sostanzialmente due la Gil e la Gal. La prima è una specie di “reddito di cittadinanza bis” con una serie di riduzioni: della platea e per quel che riguarda l’Isee per poter accedere al beneficio che scenderebbe a 7.200€. La seconda è la Gal che è rivolta ai cosiddetti “occupabili” che abbiano un Isee non di 7200€ – già ridotto rispetto al Rdc – ma di 6000€. Dunque per poter accedere si deve avere avere un salario molto basso di 600€ [e, qualora il soggetto ne percepisca] già 700 od 800 non vi può accedere. Al mese, poi, viene erogato un beneficio di 350€ che evidentemente non porta a sopravvivere. Mi sembra che l’idea che sia dietro a tutto questo [sia] quella di incentivare quasi con la fame – mi si passi la battuta – la ricerca del lavoro per cui ‘meno soldi ti do e nel frattempo dovrai attivarti a cercare un lavoro.» E la Pal? Al momento sembrerebbe una misura transitoria per permettere l’avvio al 1 gennaio 2024 delle due sopracitate.
Note:
[1] Gli osservatori parlamentari più attenti avranno certamente sorriso dopo aver letto l’acronimo della misura del governo Meloni. Gal fu il gruppo denominato “Grandi autonomie libertà”, vale a dire un raggruppamento eterogeneo (fondato da Crosio e Centinaio inizialmente ma che vide la partecipazione di ex Pdl e Mpa) che fu, tanto alla Camera quanto al Senato, ago della bilancia per quel che riguarda le fiducie agli esecutivi di quella Legislatura.
[2] Valeria Manieri, Rubrica Pillola di Adapt: intervista a Francesco Seghezzi, 18 aprile 2023, «Radio Radicale».