“Senza spegnere la voce”: esce il libro contro la violenza ostetrica su Valentina Milluzzo

“Senza spegnere la voce”: esce il libro contro la violenza ostetrica su Valentina Milluzzo

Valentina Milluzzo

Valentina Milluzzo ha 32 anni quando, il 16 ottobre 2016, al quinto mese di gravidanza, muore in seguito all’aborto dei suoi due gemelli. È ricoverata da due settimane presso il reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Cannizzaro di Catania. La famiglia denuncia, quattro medici vengono condannati a sei mesi perché “cagionavano con colpa il decesso della gestante”, per “imprudenza, negligenza e imperizia” e nella “mancata tempestiva rimozione della fonte dell’infezione: i feti e le placente”. I condannati sono ricorsi in appello e, a novembre, assolti, ma la famiglia ha comunicato che farà ricorso in Cassazione.

Alla storia, la giornalista Giorgia Landolfo ha dedicato Senza spegnere la voce. Il potere sul corpo delle donne da Valentina Milluzzo a tutte noi in libreria dal 22 gennaio. “Questo libro nasce con la volontà di prenderci il potere di sapere. A Valentina è stata sottratta la possibilità di scegliere del suo corpo” ha spiegato Landolfo alla presentazione del libro nella Sala stampa della Camera dei deputati. “La stampa ha parlato di tragica fatalità. No, Valentina è morta di mancato aborto”.

Il libro contiene anche il vademecum redatto dalla ginecologa Elisabetta Canitano contro la violenza ostetrica. “Un termine tabù nella categoria”, secondo Sasha Damiani, anestesista che ha curato la prefazione del libro. “Nei reparti di ginecologia, l’infantilizzazione delle donne è un problema culturale che si deve superare con una formazione mirata all’interno delle università. Si pensa che sia un problema che riguarda solo le donne, ma se la salute del 50% della popolazione non viene valorizzata, si tratta di un problema di ordine pubblico. La nostra salute ha lo stesso valore di quella di tutti gli altri.”

Evidenzia la ginecologa Elisabetta Canitano: “L’aborto non è solo una questione di libera scelta. L’aborto è una terapia. Trasformare la storia di Valentina in un problema di malasanità è un torto e una violenza che viene fatto a tutte le donne. Le donne muoiono, di questa cosa”.

In questo senso, i dati raccontano una realtà drammatica. Secondo un’indagine condotta nel 2017 dall’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia e Doxa il 21% delle madri (1 milione di donne) con figli da 0 ai 14 anni ha dichiarato di aver subito maltrattamento fisico o verbale durante il parto. 4 donne su 10 di esser state vittime di azioni che ledevano la dignità personale. Il 33% delle madri non si è sentita adeguatamente assistita e il 54% (1,6 milioni di donne) raccontava di aver subito una episiotomia, ovvero il taglio del perineo, che faciliterebbe l’espulsione del feto, ma fortemente sconsigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui non è sempre necessaria. A questa procedura, inoltre, il 61% non aveva dato il consenso informato. Tra queste, il 15% la considera una menomazione degli organi genitali, mentre il 13% l’ha vissuta come un tradimento.

Molte le testimonianze raccolte tra il 2015 e il 2016 sotto l’hashtag #bastatacere (il “Me too” della violenza ostetrica) che raccontano del parto come “il momento più buio”, segnato da solitudine, abbandono e colpevolizzazione.

In Europa nessuno Stato ha ancora emanato una legge sul tema. Nel mondo, solo Venezuela (2007), Argentina (2009), Messico (2014) e Uruguay (2017) hanno legiferato in merito, mentre l’Unione Europea con la Risoluzione n. 2306/2019 ha incluso la violenza ginecologica e ostetrica all’interno delle forme di violenza della Convenzione di Istanbul.

In Italia, nel marzo 2016 l’onorevole Adriano Zaccagnini (Gruppo Misto) ha proposto una legge insieme all’Osservatorio con cui si intende introdurre una norma per istituire il reato di violenza ostetrica, frenare abusi verbali, coercizioni e carenza di consenso realmente informato. Proposta caduta nel dimenticatoio. “Un disegno di legge che offende la professionalità degli operatori sanitari”, avevano commentato in una nota congiunta Sigo, Aogoi e Agui, associazioni di ginecologia e ostetricia, confermando l’atteggiamento di chiusura denunciato anche durante la presentazione del libro.

“Troppo spesso nei contesti sanitari e in quelli di salute riproduttiva noi donne non siamo accolte come individui con desideri, paure, diritti” scrive la dottoressa Sasha Damiani nella prefazione al libro. “Diventiamo invisibili, infantilizzate, svalutate. L’articolo 32 della Costituzione sottolinea la libertà di ogni persona di scegliere consapevolmente per il proprio corpo e la propria salute. Ma quante volte questo diritto viene negato o distorto, soprattutto in ambito ostetrico? Quante volte le donne non sono messe nella condizione di autodeterminarsi e diventano le mere destinatarie di decisioni altrui?”

Condividi

Sullo stesso argomento

violenza ostetrica