“Armi subito, siamo in difficoltà”: l’appello dell’Ucraina

“Armi subito, siamo in difficoltà”: l’appello dell’Ucraina

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Le forze ucraine stanno facendo «tutto il possibile» per impedire ai russi di guadagnare terreno, ma «la situazione è estremamente difficile». Lo ha detto uno dei portavoce delle forze armate di Kiev (Ucraina), rispondendo alle domande dei giornalisti rispetto alle difficoltà dei difensori sui fronti aperti.

La sconfitta di Avdiivka ha aperto il proverbiale vaso di Pandora evidenziando le conseguenze dell’interruzione di forniture militari da parte dell’Occidente al governo di Volodymyr Zelensky. Le forze russe, infatti, hanno iniziato ad attaccare lungo diverse direttrici, sia nel Donbass sia a sud di Zaporizhzhia. Il che dimostra che se da un lato le speranze ucraine di riconquistare territori al momento sono vane, dall’altro lo stato maggiore russo ha saputo attendere e trarre vantaggio dai continui sforzi di Kiev di avanzare. I soldati ucraini sono esausti, molti dei mezzi forniti dagli alleati occidentali sono stati distrutti, gli arsenali sono quasi vuoti. Munizioni e riposo sono le due richieste incessanti che si alzano da ogni «casa sicura» a ridosso delle prime linee. Ma, almeno per ora, il governo centrale ha preferito rimandare una nuova chiamata alle armi. È evidente che il presidente Zelensky non vuole creare tensioni sociali in una fase in cui la sua popolarità è ai minimi storici. Tuttavia la guerra continua e se l’Ucraina non vuole sfibrare completamente i suoi reparti migliori, lo Stato maggiore dovrà giocoforza correre ai ripari.

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Sul fronte meridionale i militari di Mosca stanno tentando di avanzare verso una cittadina che si chiama Robotyne, a sud di Zaporizhzhia. La notizia, apparsa prima sui canali russi la scorsa settimana, è ormai confermata anche da fonti ucraine che parlano di decine di attacchi al giorno. Robotyne è una delle roccaforti di Kiev nel sud, teoricamente protetta da una fitta rete di trincee e da campi minati. Sembra, tuttavia, che i russi siano riusciti a superare la prima linea di campi minati e che ora stiano puntando dritti verso Robotyne. Proprio in quest’area sarebbero stati girati i video che ritraggono dei soldati russi in piedi fuori a una trincea che sparano a dei prigionieri ucraini inermi della III brigata Spartan. Al di là delle verifiche indipendenti da svolgere sul caso specifico (che in ogni caso al momento non è stato smentito) non si tratta del primo caso di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra. A metà febbraio, ad esempio, video simili realizzati ad Avdiivka mostravano soldati ucraini a terra e con le mani legate giustiziati da soldati russi dopo la conquista della città.

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Ma la gestione della ritirata da Avdiivka ha sollevato molte critiche negli ambienti dell’esercito ucraino. Secondo diverse testimonianze l’ordine è arrivato tardi e l’organizzazione è stata pessima. A riprova di ciò, molte testimonianze incluse quelle dei pochi giornalisti che sono riusciti ad avvicinarsi alla periferia occidentale della cittadina, hanno raccontato del quadro desolante rappresentato dalla strada che scende da Avdiivka e arriva ai territori ucraini nelle retrovie. Una lunga discesa sterrata disseminata di centinaia di corpi di soldati ucraini senza vita. Sono i militari che hanno tentato di mettersi in salvo quando la città era già praticamente persa il che smentisce le dichiarazioni del nuovo Comandante in capo delle forze armate ucraine Syrskyi secondo il quale la «ritirata era stata ordinata per salvare la vita dei militari». In realtà, a quanto sembra, gli unici che sono riusciti a salvarsi sono quelli che sono scappati autonomamente e quelli che si trovavano nelle retrovie. Intanto nell’est la situazione non accenna a migliorare per i difensori che sono costretti a fronteggiare i continui attacchi missilistici dei russi e le sortite dei reparti di fanteria verso Mariinka, Krasnogorivka e Kupiansk. Il comando orientale ucraino teme inoltre una nuova avanzata verso Ugledar, a sud dell’oblast del Donetsk.

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Ad aggravare la situazione per i militari di Kiev è intervenuto il caldo insolito di questi giorni che sta sciogliendo il ghiaccio lungo le strade sterrate del Donbass. Come abbiamo potuto notare l’anno scorso, infatti, in quest’area d’inverno è praticamente impossibile far avanzare delle colonne di mezzi corazzati che rischiano di uscire fuori strada o impantanarsi a ogni curva, figurarsi tentare un’offensiva verso una postazione nemica. L’eventualità di finire sotto il fuoco nemico senza poter ripiegare è troppo alta per potersi permettere un tale azzardo. A primavera, quando il ghiaccio si scioglie, la regione si trasforma in un pantano di fanghiglia ed è per questo che, ad esempio, la tanto annunciata controffensiva ucraina dell’anno scorso aveva tardato a iniziare.

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Tuttavia, se le temperature dovessero mantenersi così alte anche il fango si asciugherà in fretta permettendo alle colonne di militari russi di anticipare la temutissima offensiva di primavera. Gli analisti lo ripetono da mesi e anche il governo di Volodymyr Zelensky ha più volte paventato il rischio che non appena le condizioni metereologiche lo permetteranno assisteremo a una nuova manovra russa, i cui obiettivi saranno probabilmente conquistare altri centri del Donetsk e sfondare da sud verso Zaporizhzhia. E stando a quanto ci hanno raccontato i militari ucraini al fronte, se le nuove forniture militari occidentali dovessero tardare ancora, resistere sarebbe molto difficile a causa della sproporzione di potenza di fuoco. Secondo alcune statistiche recenti, infatti, al momento sul fronte est per ogni 10 colpi sparati dai russi, gli ucraini rispondono con soli 2 colpi.

Di recente il presidente Zelensky ha lanciato un nuovo appello agli alleati Occidentali affinché si sblocchino le forniture di armamenti «il più in fretta possibile». Ma finora i diretti interessati non si sono sbilanciati. Nel suo discorso, infatti, il capo di stato ucraino aveva invitato gli alleati a «reagire fermamente» ai nuovi tentativi di offensiva russa e a inviare in Ucraina munizioni, sistemi di difesa aerea e i famosi caccia F-16 promessi da mesi. Zelensky aveva inoltre ammonito i colleghi occidentali a evitare di scrivere «una delle pagine più vergognose della storia recente» abbandonando l’Ucraina. Ma nonostante i toni eclatanti, i leader occidentali si sono imitati a menzionare il fatto che se non si trovasse altra soluzione gli asset sequestrati alle imprese russe (che ammonterebbero a circa 350 miliardi di dollari) potrebbero essere destinati a Kiev. A proposito di armamenti, l’ambasciatore tedesco è stato richiamato dal Cremlino per fornire spiegazioni sulle intercettazioni apparse su Telegram riguardo ai missili a lungo raggio Taurus e a un possibile attacco in Crimea da parte degli ucraini. Il cancelliere Scholz ha tuttavia ribadito che Berlino non intende fornire tali armamenti a Kiev.

Intanto i missili russi continuano a bersagliare le grandi città ucraine. A pagare il costo più alto è Odessa, con le sue importanti infrastrutture portuali che servono a stoccare cereali e idrocarburi, fondamentali sia per l’economia nazionale sia per le forniture di benzina all’esercito. Risulta evidente che i sistemi di contraerea forniti dall’Occidente sono stati concentrati per la maggior parte intorno alla capitale e che per la Perla del Mar Nero le settimane a venire saranno ancora molto dure.

 

 

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