La «guerra totale» promessa dai vertici ucraini alla Russia inizia dall’Africa. Nonostante le difficoltà sui fronti aperti in patria e i timori per una nuova offensiva di terra russa, diverse inchieste pubblicate di recente hanno mostrato il coinvolgimento di un reparto speciale dell’intelligence militare (Gru) di Kiev in Sudan per contrastare i mercenari della ex brigata Wagner impegnati attivamente nella guerra civile in corso a Khartoum. Da oltre 6 mesi gli agenti speciali ucraini starebbero sabotando i rifornimenti ai miliziani appoggiati da Mosca, addestrando i militari locali e compiendo sortite notturne al fine di interrompere il costante afflusso d’oro che dalle miniere sudanesi finanzia (anche) la guerra in Ucraina.
Il contesto politico-militare in Sudan è molto complesso ma proviamo a fornire un quadro di massima. I protagonisti della guerra in corso dal 15 aprile del 2023 sono due generali, Abdel Fattah al-Burhan, capo delle forze armate sudanesi (Saf) ed ex reggente della giunta militare, e Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, capo delle Forze di Supporto Rapido (Rsf), la milizia più potente del Paese. Dopo aver collaborato per rovesciare nel 2019 il dittatore Al-Bashir, al potere da oltre 30 anni, al-Burhan ed Hemedti hanno formato insieme il Consiglio Sovrano, che doveva portare alla transizione verso il potere civile dopo un periodo di reggenza militare. L’illusione della transizione è durata poco e nel 2021 l’esercito regolare e l’Rsf hanno preso il potere su tutti gli apparati statali, utilizzando il pretesto dell’instabilità creata dalle dispute dei leader civili. La giunta aveva al vertice al-Burhan ed Hemedti era il suo secondo. Per due anni si è svolto un negoziato su come l’Rsf avrebbe potuto integrarsi nell’esercito regolare e su quali figure avrebbero dovuto guidare le nuove forze armate; inoltre, sembrava si fossero aperti nuovi spiragli per l’indizione di elezioni civili. Tuttavia, lo scontro tra i due generali ha determinato un’escalation che è sfociata in un nuovo sanguinoso conflitto armato che ha spinto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ad approvare una risoluzione due giorni fa per chiedere un cessate il fuoco durante il Ramadan, che inizierà la prossima settimana. La mozione è passata con 14 voti a favore e un astenuto, la Russia.
Nella diatriba tra i due generali Mosca ha diversi interessi che rimandano principalmente a tre questioni: la presenza della compagnia di mercenari Wagner; lo sfruttamento delle risorse minerarie del Paese e la base di Port Sudan. Il Cremlino cerca da anni di ottenere l’autorizzazione a costruire un’infrastruttura commerciale e una darsena per un distaccamento della sua marina militare nel centro strategico di Port Sudan, che si trova sul Mar Rosso, al centro della lunga costa sudanese, in posizione strategica rispetto alla tratta che dal Corno d’Africa conduce allo stretto di Suez. Prima che la guerra civile riesplodesse, sembrava che l’accordo fosse cosa fatta. Durante una visita alla capitale sudanese Khartoum lo scorso febbraio, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha discusso della base con i leader sudanesi e ha espresso la volontà del suo Paese di completare il progetto entro la fine del 2023, stando a quanto si era appreso da uno dei leak di intelligence statunitensi apparsi in rete tramite la piattaforma Discord. Ma la guerra civile ha imposto un freno alle ambizioni di Mosca. Tre giorni fa l’ambasciatore russo presso Karthoum, Chernovol, ha incontrato Al-Burham e, stando a quanto si apprende da fonti russe: «è stata confermata la costante volontà di considerare reciprocamente gli interessi dei due Paesi e l’impegno reciproco a mantenere e sviluppare la cooperazione russo-sudanese». Il paradosso è che mentre i diplomatici russi parlano con gli esponenti del Saf, i miliziani della ex Wagner supportano l’Rsf.
In un’intervista rilasciata lo scorso aprile al Washington post, Suliman Baldo, fondatore di Sudan Transparency and Policy Tracker, ha dichiarato che i mercenari della Wagner sono presenti in Sudan dal 2017 per fornire addestramento militare alle forze locali. I servizi della compagnia sono stati offerti sia all’esercito regolare, sia all’Rsf, a quel tempo alleati. La Wagner ha di fatto avuto il ruolo di corpo di guardia degli interessi commerciali di Mosca nel Sudan dalle estrazioni aurifere al commercio illegale di armi. Il compito dei mercenari russi è stato favorito dalla presenza del quartier generale della compagnia nella confinante Repubblica Centrafricana e dai legami con il generale libico Haftar (che secondo molte fonti avrebbe collaborato attivamente con Hemedti negli ultimi anni).
Anche se la Wagner è stata formalmente sciolta dopo la morte di Prigozhin e posta al comando del ministero dell’Interno russo, in Africa opera ancora sotto questo nome e dall’aprile scorso ha attivamente aiutato le milizie dell’Rsf che, infatti, sono riuscite a occupare vaste aree della capitale Karthoum e altri territori. Ed è qui che entrano in gioco i reparti speciali ucraini. Secondo alcuni militari del Gru intervistati in forma anonima dal Wall street journal a partire dall’agosto del 2023 ci sono circa 100 agenti che operano attivamente in Sudan dalla parte del Saf di Al-Buhran. Gli ucraini hanno portato competenze nella guerra tecnologica mediante i droni e hanno altresì addestrato alcune unità locali all’uso dei dispositivi di ultima generazione per colpire la catena di rifornimenti dell’Rsf. Grazie ai termovisori e a strumenti di guerra che le milizie locali non possiedono, le unità scelte ucraine sono state protagoniste di diverse azioni di successo contro le posizioni del Rsf durante le ore notturne. Inoltre, i Servizi ucraini sono stati in grado di far arrivare alle forze speciali di Al-Buhran nuovi armamenti e munizioni attraverso triangolazioni e voli segreti. Contemporaneamente il governo di Kiev ha anche inviato un carico di farina di grano a Port Sudan, arrivato la scorsa settimana. Anche se il grosso degli agenti speciali ucraini dovrebbe essere rientrato in patria, sembra che la loro influenza sia stata importante e gli esperti militari attribuiscono le recenti conquiste del Saf (soprattutto a Omdurman, il centro più popoloso del Sudan) «agli attacchi di precisione dei droni e al dispiegamento delle unità d’élite dell’esercito sudanese» molto probabilmente addestrati dagli uomini del Gru.
Un’assistenza composita e, stando alle parole di Al-Buhran stesso, molto gradita. E, tuttavia, pericolosa. In Sudan, l’Ucraina sarebbe coinvolta in una guerra civile nella quale decine di migliaia di civili sono stati uccisi e dove, secondo l’Onu, entrambe le parti potrebbero aver commesso crimini di guerra. Il Segretario di stato Usa, Antony Blinken, ha avvertito che qualsiasi Paese che fornisca supporto materiale «si assume la responsabilità di alimentare le atrocità contro il popolo sudanese».
Sabato Angieri