L’audio-documentarista Ciro Colonna racconta le ragioni che lo hanno spinto a seguire l’indagine de L’Atlante in Ungheria
Potrà apparire lezioso, ma vorrei partire proprio da questa domanda: da dove nasce l’esigenza di raccontare attraverso i suoni? Cosa può comunicare una registrazione audio che non si possa dire meglio e in maniera più accessibile e incisiva attraverso un video? Una prima risposta, cinica, superficiale e dal mio punto di vista poco interessante, potrebbe essere che non si può fare a meno del podcast, che questo mezzo si è affermato all’attenzione del mercato, che non c’è modo di chiamarsi fuori dalla moda del momento. E allora domandiamoci perché si sia imposto. Anche in questo caso le risposte possono essere molteplici, a partire dalla fruibilità dell’ascolto nei tempi convulsi che la vita contemporanea impone al cittadino-lavoratore-consumatore: un podcast si può ascoltare durante gli infiniti spostamenti nelle nostre intasate metropoli, mentre si cucina per tutta la settimana, mentre ci si addormenta esausti in vista di una nuova giornata lavorativa. Tutto qui? Non lo credo: la radio, data per estinta già all’avvento del cinematografo e definitivamente bollata come strumento di comunicazione obsoleto nel momento in cui la televisione fece il proprio ingresso nelle nostre case, resiste a sé stessa, si innova, muta e rinasce dalle proprie ceneri. Si appropria del nuovo flusso di informazione determinato dalla rete, si plasma sulle nuove tecnologie e si ripropone come presenza quotidiana nelle nostre vite. Cosa rende questo canale di comunicazione tanto capace di resistere agli sconvolgimenti epocali? La mia risposta a questa domanda, risposta soggettiva e senza pretese di poter essere generalizzata, è che la radio, il racconto per suoni, il podcast nella sua più attuale ridefinizione, hanno qualcosa in più che gli altri strumenti non possono offrire. Come in gastronomia molte volte non eccedere con gli ingredienti può offrire un panorama gustativo più complesso e soddisfacente, così impegnare un solo senso può garantire la possibilità di assaporare meglio – diversamente – il contenuto. Intendiamoci, non si tratta di stabilire una classifica di merito, di mettere in competizione tecniche e codici di linguaggio distanti e incomparabili, di affermare la superiorità del suono sul video. Faccio mia la celebre citazione di Orson Wells che, intervistato sulla differenza tra cinema e radio, rispose che non ci sono differenze se non che la radio ha lo schermo infinitamente più ampio. L’immenso regista si riferiva all’opportunità di vedere con gli occhi della mente e del cuore che l’ascolto radiofonico offre. Ecco, questa prospettiva ci fornisce una chiave per capire come mai ancora oggi, nel bombardamento mediatico cui siamo sottoposti, la radio, il podcast, sia un sempreverde nelle nostre esistenze: il margine di libertà che lascia alla nostra interpretazione delle cose, lo spazio di immaginazione che si apre di fronte a chi ascolta.
È con questo spirito che nei primi giorni di agosto del 2021 ho imbracciato i microfoni e ho preso parte alla spedizione magiara organizzata da L’Atlante. Attraverso un meticoloso e affascinante lavoro sul campo abbiamo raccolto un’infinità di voci e suoni, che oggi compongono un racconto complesso e ricco di sfumature. Vi invitiamo a lasciarvi trasportare e ad accompagnarci per le strade di Budapest come negli sconfinati paesaggi rurali, sulle sponde del lago Balaton e nelle zone di confine dove i migranti provano ad aggirare il muro eretto dal governo ungherese. Le domande sono note: l’Ungheria vive sotto una dittatura? Come si collocano i cittadini ungheresi rispetto all’UE? Cosa li angoscia e cosa li preoccupa? In che modo incidono sulla vita quotidiana le strette sui diritti civili di cui con frequenza ci parlano i media occidentali? Le risposte sono articolate, composite, plurali. Quella che proponiamo è una fotografia dell’Ungheria fatta di chiaroscuri, cui ogni voce aggiunge un tratto in più e contribuisce a raccontare una realtà impossibile da incasellare in categorie già note.
Il viaggio ha inizio, buon ascolto!
Ciro Colonna