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Women talking

Women talking

Women talking – Il diritto di scegliere è il quarto lungometraggio di Sarah Polley dopo una pausa di dieci anni. La vicenda narra la storia di undici donne di una colonia religiosa che si riuniscono in un fienile per prendere una decisione. Nella colonia, infatti, le donne vengono addormentate con un tranquillante per mucche e violentate dagli uomini. Un giorno, le vittime scelgono di dire basta e capiscono che è giunto il momento di prendere una decisione sul loro futuro. Tre le opzioni che vengono messe al voto: restare e perdonare, rimanere e combattere o andarsene. Scartata la prima ipotesi, il film si sviluppa intorno al dilemma se resistere e combattere o andarsene.

La trama si snoda interamente intorno al lungo dibattito tra le undici donne di ogni età che esaminano le implicazioni delle due possibilità. Ma è anche dialogo con Dio e con la dura quotidianità, esplorazione e ricerca di senso nell’alto e nel basso, nel promesso regno dei cieli e nella violenza subita.

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Women talking è basato sull’omonimo libro di Miriam Toews, edito in Italia per i tipi della casa editrice Marcos y Marcos con il titolo «Donne che parlano» (per questo, il film ha vinto l’Oscar 2023 come Miglior sceneggiatura non originale). Nel libro la scrittrice, nata e cresciuta in una colonia mennonita del Canada dalla quale si allontana a diciotto anni, ambienta la vicenda nel 2010, in una comunità religiosa boliviana.

Al contrario nel film di Polley non sono presenti coordinate spazio-temporali che ci possono aiutare a collocare il film in un luogo o in un tempo precisi. L’atmosfera, i costumi, l’assenza di tecnologia rimandano certamente a un contesto rurale e lontano nel passato, ma anche simile alla realtà di molte delle comunità religiose dei giorni nostri. Tuttavia la lontananza dal “nostro” presente permette di far emergere temi fondamentali come il futuro e le prospettive delle rivolte, nonché i relativi dilemmi etici.

L’assenza di appigli spazio-temporali è il punto forte del film, che si fa così opera universale. Proprio sul tema del futuro la pellicola vuole interrogare le donne e in generale gli spettatori perché è questo che è in gioco per Ona (Rooney Mara), Salome (Claire Foy), Mariche (Jessie Buckley), Agata (Judith Ivey) e le altre.

Unica pecca è l’assenza della storia particolare dei personaggi femminili, coinvolte nel botta e risposta del dibattito, magistralmente interpretate da un cast stellare. L’unico personaggio di cui, non tanto paradossalmente, si scorge un percorso e uno sviluppo è quello di August (Ben Whishaw), il maestro che, nel fienile, ha il compito di redigere il verbale dell’assemblea, visto che le donne sono analfabete. Dell’anima dei personaggi femminili, al contrario, si fatica a seguire lo sviluppo, il punto di non ritorno, la svolta decisiva. Sola mancanza in un film importante (non a caso è proprio all’indomani del movimento MeToo che Francis McDormand ha deciso che lo avrebbe prodotto) e che non ha goduto della visibilità che merita.

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